Non ho ben capito questo disco e, come sempre, le cose che non capisco mi affascinano.
Non capisco, ad esempio, il percorso che dal minimal-garage rock dei primi brani - essenzialmente di questo si tratta, seppure siano costellati con rumori, inserti strani, voci, urla e guaiti alla maniera dei primi Ubu - si arrivi infine ai `moods marocchinosi` di Tangeri, non senza aver prima costeggiato scampoli swamp, psycho, cabarettistici, filmici, cosmici, proto-ambient, e comunque si tratta di un suono protetto quasi sempre da solide barriere di rumore.
Non capisco se la sigla `La stanza degli specchi` nasconde un collettivo o un singolo musicista.
Non capisco se “Tangeri” è un disco 'suonato' su strumenti musicali tradizionalmente intesi come tali, o se invece è stato fatto con campionatori e oggetti di tipo casalingo e/o altro (alla maniera del “Last LP” di Michael Snow), oppure se è un disco costruito completamente in 'studio' (o al computer).
Non capisco se si tratta di un disco geniale o di una presa per il culo (nel secondo caso si tratterebbe comunque di una 'geniale presa per il culo').
Se ho ben inteso sono quasi certo che “Tangeri” piacerà alla maggioranza dei nostri lettori e sono altrettanto sicuro, anche se così non fosse, che comunque nessuno avrà niente da recriminare, dacchè il suo contenuto è considerato dagli autori / dall'autore come 'musica economica' e viene venduto alla modica cifra di 2 € più le spese di spedizione.
Praticamente qualche caffè o, al massimo, due o tre bicchieri di vino (sì, lo so che l`alcolizzato potrebbe dire «... e vi par poco!!!!»).
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