`Etude Begone Badum´ // `Bone Alphabet´

Autore disco:

Håkon Stene

Etichetta:

Ahornfelder (D)

Link:

www.ahornfelder.de
www.hakonstene.net

Formato:

CD

Anno di Pubblicazione:

2013

Titoli:

1) Study #1 In Self-Imposed Tristesse 2) Black Horizon 3) Study #2 In Self-Imposed Tristesse 4) Silver Street Car For The Orchestra 5) Study #3 In Self-Imposed Tristesse 6) Ricefall (1) // 1) Bone Alphabet 2) Wizard & Os

Durata:

55:14 // 22:25

Con:

Håkon Stene, Marko Ciciliani

le percussioni secondo Håkon Stene

x Robertino Maggi (no ©)

Ne è passato di tempo da quando Amadeo Roldán con le Ritmicas e Edgar Và rese con Ionisation delineavano nuovi orizzonti per gli strumenti a percussione. Da quella prima metà del secolo XX° ad oggi ne sono successe di cose e dapprima tecniche d`uso, poi microfonazioni particolari, saturazioni, feedback, phasing e, infine, le manipolazioni elettroniche hanno confuso talmente le carte in tavola fino a trasformare strumenti melodici in strumenti ritmici e viceversa, liberando totalmente i percussionisti dal ruolo di dispensatori di battute. Questi due CD rappresentano una specie di abbecedario di questa nuova realtà .
Håkon Stene è un percussionista norvegese attivo in numerosi collettivi, in particolare nella formazione guidata dallo zappiano Jono El Grande, che non ha nulla da invidiare ai (per me) più celebri conterranei Ingar Zach, Morten J. Holsen e Paal Nilssen-Love. Caso mai li travalica perchè è più poliedrico e, a differenza della loro attività limitata soprattutto in ambiti di derivazione jazz, sa rivestire ruoli che vanno dal batterista prossimo al rock all`interprete di autori minimalisti, elettroacustici e contemporanei in generale. Questi due succulenti dischetti pubblicati da Ahornfelder rappresentano un buon punto luce sulle sue attitudini e sulle sue qualità di strumentista.
Le tre composizioni principali di “Etude ...” portano rispettivamente le firme di Marko Ciciliani, Alvin Lucier e Michael Pisaro.
Dell`austriaco Ciciliani, compositore ibrido d`estrazione accademica, ci siamo già occupati in un paio di recensioni. Black Horizon è un brano per due chitarre elettriche - una suonata da Stene e una dallo stesso autore - che vengono trattate in un modo piuttosto percussivo, creando così un tappeto da rivestire con risonanze (o feedback? o delay?) in un percorso comunque accidentato da qualche inserto grottesco e/o fumettistico.
Silver Street Car ..., di Lucier, risponde pienamente a quei processi di saturazione sonora tipici del suo compositore ma anche, prima di lui, di Charlemagne Palestine. Il pezzo è suonato su un solo triangolo amplificato, ma il gioco delle risonanze che vanno a sovrapporsi l`una all`altra finisce per creare un muro di suono compatto e impenetrabile.
Le sonorità a pioggia battente di Ricefall vengono create, come spiega lo stesso titolo, registrando del riso che precipita a cascata su alcuni oggetti. L`autore è Michael Pisaro, un musicista nato negli Stati Uniti ma trasferitosi poi in Germania dove è entrato a far parte del Wandelweiser Composers Ensemble.
A fare da collante ci sono tre frammenti, tratti da un`opera più ampia del giovane compositore norvegese Lars Petter Hagen, a base di nitide risonanze metalliche.
In “Etude ...”, come potete ben vedere, non c`è ombra di quelli che tradizionalmente vengono intesi come strumenti a percussione, cioè di tamburi.
Pone rimedio, in parte, il mini CD gemello “Bone Alphabet”, che chiarisce così il mistero del perchè sia stata scelta la confezione in due CD separati e non quella in un unico doppio CD. Ecco quindi, in Bone Alphabet e Wizard & Os, fare l`apparizione l`Håkon Stene percussionista nel senso più comune del termine.
Più comune ma non più tradizionale, dal momento che Bone Alphabet dovrebbe essere una composizione semicasuale, cioè una composizione nella quale l`esecutore si trova davanti una partitura con più percorsi avendo quindi facoltà di scelta. L`autore è l`inglese Brian Ferneyhough.
E` con Wizard & Os che il disco entra, e si chiude contemporaneamente, nel vortice della più piena attualità . Il brano è infatti farina del sacco di Sir Duperman (aka Jørgen Træen), noto negli ambienti noise-norvegesi come produttore, chitarrista e tastierista, oltrechè come saltuario collaboratore di Jazzkammer. In questo caso una certa sinteticità dei suoni fa pensare a manipolazioni di tipo elettrico-elettronico.
Direi che, anche quando si presenta nella veste tipica del percussionista, quelle che Håkon Stene disegna sono più macchie di colore (o figurazioni geometrico-architettoniche) che linee ritmiche.
Quando mio cognato Eterogenio mi consigliò l`ascolto di qualche sperimentatore norvegese mi venne da ridere: «Eh che cazzo», mi dissi, «è mai possibile che in un posto in culo al mondo come la Norvegia riescano a fare della musica interessante!». Questo disco è un`ulteriore dimostrazione che mio cognato aveva ragione e che anche ai confini con il polo nord ci sono suoni in grado di sciogliere il ghiaccio.

Martedì 27 Maggio, alle ore 21:30, Håkon Stene suonerà al Teatro San Leonardo di Bologna, insieme all`Asamisimasa Ensemble, nel contesto del 24° Festival Internazionale di Musica Angelica. L`ensemble, oltre a Stene(percussioni, pianoforte, campionamenti), comprende Kristine Tjøgersen (clarinetto, iPad), Tanja Orning (violoncello), Ellen Ugelvik (pianoforte, megafono), Anders Førisdal (chitarre elettrica e acustica, megafono, pianoforte), Silje Aker Johnsen (voce, megafono).


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Data Recensione: 29/4/2015

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