Se mettete assieme un liutista tunisino, un qualsiasi batterista italiano e un altrettanto qualsiasi contrabbassista, probabilmente non succede niente.
Ma se mettete insieme Achref Chargui col suo 'ud da una parte, Jacopo Andreini con la sua batteria dall'altra e, a fare da cerniera, Piero Spitilli con il suo contrabbasso, la possibilità che scocchi la scintilla detonatrice è molto alta.
Ascoltate il risultato del loro incontro racchiuso in questi dieci pezzi essenzialmente strumentali, nei quali vengono a commistionarsi i fertili background dei tre strumentisti, e vi sarà chiaro cosa voglio dire.
L`incontro è alla fin fine problematico, come ogni qualvolta si scontrano due culture e due modi diversi di intendere la musica e la vita stessa, e per questo risulta ancor più affascinante, con i tre che si offrono al massimo per trovare un suono d'insieme; e va detto che lo trovano, sia quando giocano con stilemi tipici della musica araba sia quando si confrontano con classici della musica afro-americana (Naima).
E` il tunisino a doversi sobbarcare il maggior numero di rischi, e di conseguenza si prende anche buona parte dei meriti apparendo come leader del trio, dal momento che mentre il liuto arabo è penetrato da tempo in Europa e America, tramite virtuosi dello strumento quali Munir Bashir, Hamza El Din o Anouar Brahem, e trova ormai una sua applicazione piuttosto frequente nelle musiche occidentali, la batteria resta ancora uno strumento piuttosto estraneo alla musica araba.
Chargui trova logicamente stimoli vincenti quando gioca in casa, come in Brises Taksim dove, solo con il suo `ud, intarsia una splendida introduzione alla corale Brises, ma è riduttivo vedere le cose in tal guisa. Molto brillante, ad esempio, è infatti anche Bab Jedid, dal nome di una delle porte d'ingresso alla medina di Tunisi, una specie di giga che non farebbe una piega se fatta passare per un tema popolare proveniente da qualche angolo del Nord Europa. Semplicemente spettacolare è poi il fraseggio veloce in Soumoud, attraverso il quale Chargui mette in mostra tutta la propria abilità .
Va detto che anche gli altri due si prendono comunque le proprie soddisfazioni e non coprono affatto il ruolo dei comprimari.
Spitilli si lascia ammirare in più di un frangente, ma soprattutto in Jawaaz Safar Taksim, un preludio per solo contrabbasso a Bidun Jawaaz Safar. Per non dire, poi, di un Andreini sempre presente, energico, puntuale e creativo ... un autentico motore che non ha nessuna défaillance.
Il livello tecnico-esecutivo è molto elevato ma, a dispetto di ciò, non c'è sfoggio di abilità e fa addirittura capolino una vena malinconica e semplice, segnata da quel romanticismo che ha sempre spinto migranti e viaggiatori a sfidare la sorte. E, in definitiva, "Exagéré" altro non è che un grande viaggio o, meglio, la documentazione del meeting avvenuto al termine di esso.
"Exagéré" è uno degli esempi più riusciti di fusione fra musica araba, jazz e rock, e lascia il rimpianto amaro per le vette che i tre potrebbero raggiungere se soltanto non dovessero fare i conti con mille-e-una difficoltà , soprattutto di tipo logistico.
Se Jacopo Andreini non fosse stato captato da L'Enfance Rouge questo disco, probabilmente, non avrebbe mai visto la luce. Idem se L'Enfance Rouge non avesse deciso di registrare e suonare in Tunisia. E` infatti durante una delle trasferte oltremare del trio italo-francese che Andreini e Chargui si sono conosciuti e hanno deciso di avviare questa collaborazione.
Voglio però credere che "Exagéré" è anche il frutto della rivoluzione dei gelsomini che, come tutte le rivoluzioni, ha sicuramente liberato numerose forze creative.
Da cosa nasce cosa.
Grazie Chiara e grazie François.
Ma, soprattutto, grazie Achref, grazie Piero e grazie Jacopo.
Per chi legge sands-zine comprare questo CD è quasi un dovere.
Per gli altri lo è altrettanto, magari rinunciando per una volta al Cricco Castelli di turno.
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