Parker e Drake dovreste conoscerli più che bene. Di Dikeman, seppure lo abbiamo già incontrato in ensemble quali i Cactus Truck e la Royal Improvisers Orchestra, ne sapete sicuramente di meno. E` per ciò doveroso informarvi che si tratta di un sassofonista - sax alto e tenore - di origini statunitensi, del Nebraska per la precisione, vissuto da girovago fino all`attuale sistemazione in terra d`Olanda. Quello di questo disco, quindi, è un trio americano e, come buona parte del free jazz americano ascoltato negli ultimi anni, risente della colonizzazione esercitata da Peter Brötzmann.
Fraseggi a ruota libera, spesso espressione di energia pura, che si avvicendano senza che vi sia una rinuncia totale a giocare la carta di qualche molecola più melodica. Quando Dikeman passa all`alto, soprattutto, sembra di sentire anche qualche coloritura colemaniana, ma forse è solo la suggestione dettata dalle timbriche dello strumento.
I quattro brani scorrono fluidi, senza soluzione di continuità , e la traghettata dall`uno all`altro viene condotta dal treno ritmico del duo Parker e Drake, nei brevi momenti che vedono il sassofonista ritirarsi all`angolino, anche con lo scopo di riprendere fiato.
Chiaramente in tutto ciò non c`è niente di nuovo, ma `ste cose sono come quel vino che più invecchia e più diventa buono.
Almeno fino a un certo grado d`invecchiamento.
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