Torna in pista la piccola orchestra dedicata all`astronauta Jurij Gagarin, il primo uomo che volò in orbita al di fuori dell`atmosfera terrestre e, a ben vedere, il protagonista del punto più alto raggiunto dal sogno sovietico (il sogno americano, ormai affossato al pari di quello sovietico, raggiunse cime ben più alte sbarcando addirittura nella luna). Nell`occasione, a rendere più vivo il progetto, si aggiunge pure il titolo dell`album che riprende il nome delle navicelle spaziali utilizzate dai sovietici (quella sulla quale volò Gagarin era la Vostok 1).
All`interno del disco quella commistione di jazz, avant-rock e musiche mediterranee che, come una bussola, sembra guidare la rotta dei tre musicisti. A fare da punti cardinali il rifacimento dei due brani appartenenti alla tradizione russa (Krutitsa Vertitsa Shar Goluboy) e sarda (Piaghesa). Al centro della rotta, a brillare come una stella polare, la dedica alla dea della musica araba Oum Kalthoum. Non manca neppure un punto critico quando, in Laika Come Home, viene citata la cagnolina sacrificata dal governo sovietico al proprio programma spaziale.
La struttura del disco, con flash da trasmissioni radio o televisive a interloquire con i brani, fa pensare a quel capolavoro non riconosciuto che è “The Who Sell Out”.
Tutto molto bello e affascinante, come la terra vista dalla luna, ma non privo d`un fondo d`amarezza, quella che deriva dai sogni perduti.
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