E` sempre accaduto, un certo tipo di musica approda su una spiaggia, come una noce di cocco trasportata dall`Oceano, attecchisce e in poco tempo sorge una foresta di palme. Così è stato per i serialisti a Vienna, per gli psichedelici in California, per i Longobardi in Italia, e così è oggi per la musica improvvisata in Norvegia, landa fredda del nord che fino a qualche tempo fa sembrava al di fuori da tutte le rotte musicali e che oggi è un centro nevralgico per tutto quello che viene chiamato post, tanto che propria a proposito di artisti norvegesi è stato coniato il termine post-everything. Personaggi e gruppi incredibili come Paal Nilssen-Love, Anders Hana, Spunk, Jenny Hval, Jaga Jazzist, Ingebrigt Håker Flaten, Jazzkamer, Supersilent, Lemur, Ultralyd .... Caratteristica di questi improvvisatori è l`attraversare i generi, sradicare le barriere che dividono il jazz dal contemporaneo, il rock dall`elettronica, il noise dal folk. Si è venuto così a formare un pianeta polimorfo, che ha motivo portante nell`improvvisazione, in grado di accogliere nel suo marsupio i figli più informi e disparati.
La scena norvegese è diventata anche un punto di riferimento, alla quale da più parti si guarda con attenzione mentre si fanno sempre più ricercate le collaborazioni con i protagonisti di quella scena.
C`è da dire che i musicisti norvegesi sono consapevoli di questo loro ruolo d`avanguardia e, parafrasando l`Ornette Coleman di fine anni `50, Lasse Marhaug nel 2004 ha significativamente intitolato un disco “The Shape Of Rock To Come”.
“Harpoon” è un disco che contiene, raccoglie, tutti gli elementi fin qui descritti, a partire dalla presenza del vate Lasse Marhaug.
Håvard Skaset e Guro Skumsnes Moe sono strumentisti migranti che passano dall`improvvisazione estrema di progetti come questi Sult al noise, di matrice rock, dei Moe. A dare quel tocco internazionale sopra menzionato, poi, c`è il batterista californiano Jacob Felix Heule.
Ci eravamo già occupati, in questi spazi recensori, sia di Marhaug, sia dei Moe, sia di Jacob Felix Heule e sia dei Sult, ma il trovarli accomunati in un unico progetto è un`occasione ghiotta e importante. Il lungo brano, racchiuso nei due lati del vinile, è definibile come una post music che raggranella l`elettronica come il futurismo, l`azionismo come l`elettroacustica, il surrealismo come il noise. I quattro sembrano voler recidere i pochi fili che li tengono ancora ancorati a secoli di storia passata, ed è pertanto difficile parlare anche di improvvisazione radicale. L`unico legame con il passato sembra essere quello di suoni che, come pietre rotolanti, si inseguono e cozzano fra se brontolando e ululando. L`acciaio di un arpione dentro al mare in tempesta. Se non dentro alle fiamme dell`inferno. Per orecchie forti e cuori intrepidi.
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