Avevo già sentito nominare più volte Claudio Parodi, se non altro per il fatto che le comunicazioni dei suoi concerti comparivano regolarmente su Vital Weekly, eppure questo è il primo contatto tangibile con qualcosa di suo a tutto tondo (anche perchè come si potrebbe dire per Andreini o Roy Paci, si tratta di uno di quei musicisti che ha suonato più o meno con chiunque). Per quanto io ne avessi già sentito parlare in veste di improvvisatore, la sua uscita in `pompa magna` per quella Extreme che fra le sue fila annovera nomi come Muslim Gauze, Merzbow e Otomo Yoshide, si muove su ben altre coordinate. Un omaggio ad Alvin Lucier in cui ne vengono riprese alcune intuizioni tanto che si può quasi dire che “Horizontal Mover” le materializzi a tutto tondo. Utilizzando come sorgente originale un lavoro di Tiziano Milani (la cui traccia originale viene successivamente omessa), per dodici volte Parodi diffonde la musica in una stanza in cui viene variata la disposizioni dei diffusori ed il numero di risonatori, il processo viene descritto nelle note che accompagnano il cd da Parodi stesso e molto meglio di quanto possa fare io. La composizione si dipana gradualmente scarnificandosi e semplificandosi, quindi in un certo senso nel suo scarnificarsi prende quasi forma in modo `autonomo`, in questo senso credo che Burroughs e Gysin con la loro idea del `cut up` e degli `esorcismi` ci sarebbero andati a nozze (certo non prima di essersi drogati per bene). Per quanto ciò che sto per scrivere rischi di essere riduttivo per il lavoro concettuale che sta alla base di questo disco: stupisce come il risultato finisca per ricordare così da vicino alcune composizioni `a colpi di drone` (non per nulla parliamo di un genere più che mai debitore nei confronti della musica classica/colta). Credo che l`immagine notturna utilizzata per la copertina sia più che mai appropriata, d`altro canto l`atmosfera in un crepuscolare che si respira in “Horizontal Mover” rimanda a scenari assolutamente notturni. Durante lo scorrere dei minuti sul lettore l`effetto diventa ipnotico, nell`assembrare e nello smontare, il magma che ne consegue va assottigliandosi in un`onda più che mai coesa. Il suono finisce per avere la forza incisiva di un mantra e la cosa che forse stupisce di più è che nonostante il minutaggio elevato l`ascolto risultante non è per nulla pesante (però tenete sempre presente di che tipo di disco stiamo parlando). Rimanendo in Liguria, presumo che un `proto-freak` come Scelsi, soprattutto nel suo periodo di infatuazione orientalistica, sarebbe stato ben felice dei suoi conterranei a venire. Dopo un`affermazione simile potrei anche rischiare di sviarvi, infatti questo disco ha una relazione con la musica classica molto simile ad un lavoro come “Sound Characters” di Maryanne Amacher (per altro un disco in cui lo spazio e l``istallazione` giocano nuovamente un ruolo fondamentale), se questa relazione potrebbe venir misurata da molti con un `nè troppo distante ma nemmeno troppo vicino`, direi più che altro che grazie all`imbastardimento delle `nuove` tecnologie si può tranquillamente parlare di `the next generation` della composizione, tanto come Picard era la `next generation` di Kirk.
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