The Drowning    di Matteo Uggeri (Hue / Der Einzige / Normality Edge / Sparkle in Grey)





Vado proprio d'istinto: ho scavato nella testa pochi secondi, poi 'la cosa' è saltata fuori da sola, superando d'un soffio “Leichenscherei” degli SPK.
Così, è The Drowning dei Controlled Bleeding il mio culto.
Un disco che non ascolto quasi mai a dire il vero, e neppure posso dire d'averlo consumato nel 1993 quando è uscito. Lo comprai in seguito ad una recensione: in quel periodo mi fidavo di “Rumore”, ed ero rimasto abbagliato da un articolone sulla 'Grande Area Grigia' scritto dal buon Vittore Baroni forse un anno prima. Sua era la recensione del disco dei Controlled Bleeding, che prima mai avevo sentito nominare. Anche oggi, a ben pensarci, perfino all'interno della vasta cerchia di amanti di musiche estreme che conosco, questo duo/trio newyorkese non è tra i più conosciuti.
La recensione lo definiva come una disco molto ruvido, estremo, senza compromessi, bello.
Sembrava quello che cercavo: del rumore cattivo, forse perchè litigavo con mio padre che saltava su con frasi fatte `non è mica musica questa, io lo chiamo rumore' mentre ascoltavo i dischi dei Cure.
Così sono andato a comprarlo nell'unico negozio di Milano che tenesse quel genere di cose, senza troppi indugi, ammaliato anche dalla truce ma la tempo stesso commovente copertina che raffigurava una foto di un giovane volto incastrato nel metallo, una sorta di versione atroce di Boy degli U2.
A casa l'ho infilato nel lettore e subito dopo la prima brevissima traccia (Any questions? - già questo titolo!) sono stato costretto ad abbassare il volume di corsa per salvare lo stereo e le mie orecchie quando il noise di C.U.M. ha strabordato fuori dagli amplificatori.
Se non ricordo male, devo avere usato il tasto di skip molte volte prima di concedermi un ascolto completo, anzi, forse non ho mai sentito tutto il disco di filato, ma mi ha davvero aperto un mondo, un mondo nuovo, in cui il rumore era parte della musica, in cui ci poteva essere di tutto, anche brani dolci e sublimi come Colostomia e la finale commovente apertura della titletrack. La varietà estrema era ciò che più mi aveva colpito, era come se il mondo mi stesse dicendo che si può fare di tutto, che 'suonare' vuol dire mille cose diverse, e quindi i confini del mio mondo in quel momento erano stati allargati di migliaia di kilometri.
Ad oggi forse è appunto la dolcezza degli episodi più rilassati o la frenesia di quelli ritmici (Regurgitation) che più restano in me; ad ogni modo provo tutt'ora profonda gratitudine verso Paul Lemos, mente dei Controlled Bleeding, che mi ha permesso questo. Avrebbero potuto essere altri dischi, altre persone, ma è capitato “The Drowning”. E` grazie ad esso che ho cominciato a tentare di suonare.