Il globetrotter Paolo Lattanzi dopo la prima ubriacatura da leader via “Night Dancers” (`06) ritorna a farsi vivo firmando un nuovo lotto di originali friccicanti di lussureggiante modernjazz. Si sviluppa in “Mutitude” un interessamento nei confronti dell`attività collettiva a partire dalla scelta di non accreditare il lavoro singolarmente a sè ma firmandolo coralmente con la programmatica intestazione Characteristic Pitches, con cui già da subito è facile in/quadrare l`equo interscambio operante fra tutti i musicisti coinvolti.
Mandata al macero l`individualità , segue dietro il parziale sfaldamento del benamato format a 5 mediante la rotazione continua in scaletta di brani fedeli all`idioma del quintetto con altri allargati per ospitare un sesto elemento, che nella fattispecie vede il trombonista Robin Eubanks, specialista del mainstream esteticamente altezza Phil Ranelin, presenziare in 7 degli 11 brani insieme alla formazione-base; quest`ultima composta dal dinamismo di Daniel Rosenthal alla cornetta, dal sax alto dolphiano di Rick Stone, dalle sfaccettature pianistiche di Lefteris Kordis, e infine dalla ritmica di Greg Loughman al contrabbasso e di Paolo Lattanzi alle pelli.
Le leggere ef-fusion-i elettriche assaporate nel precedente lasceranno poi il passo ad un suono integralmente acoustic oriented, così come i momenti più bluesy e fumosi si prenderanno un break, avendo appurato qui il doppio forfait dato da chitarra elettrica e organo.
La corale brillantezza dei primi stacchi di Illusions, perdendo massa, cede al greve fiato di Eubanks, mentre un Kordis scalpitante in sordina non tarda a rubare la scena con un cristallino scioglilingua sulla tastiera; più blue-night l`atmosfera di The Transversality of Thoughs, romanticismo in jazz dove Kordis ancora una volta scioglie la propria anima attraverso gentili assoli che preludono a un sofisticato sali e scendi della tromba, lodata leggermente coll`uso del vibrato; Action and Reaction, fedele al titolo, cammina balzando no-stop da linee collettive a piccole re(l)azioni individuali, una sabbiosa esuberanza celante nel leitmotiv briciole armoniche masadiane puntellate da una carica esotica che ricorda il Creed Taylor easy master; e se il CTI man sembrerà di seguito ispirare sia le partenze sia le chiusure in chiave hardbop di Out There... e Neglected Potential, A White Page sceglie senza patinatura la via classica al confine con Bach; lirismo con (p)assaggi di fiati misti contamineranno la composizione più lunga del lotto, The Need for Essence, meditata tra la consueta forza bandistica della scrittura di Lattanzi in auge nelle prime battute con un prosieguo dichiaratamente moderno cagionato dall`utilizzo diagonale raggiunto dai controtempi; con Slowly parlare di cantilenato dolore colemaniano non porterebbe fuoristrada, ma tutt`altro, se la memoria ha bene a mente l`essenza di un must quale il celebre Lonely Woman; una quiete parlata stile saudade bakeriana diventa delicato mordente per le maglie di Gliding Away, conservando con senso di giustizia per la chiusura gli ultimi sprazzi di energia disponibili nelle incalzanti battute di So Many Puppets Around e Common Nonsense.
Nonostante le appurate differenze di stile, come sempre, la poetica di Lattanzi ci porterà a viaggiare su di un doppio binario attraversato coerentemente da tradizione e contemporaneità .
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