Felicidad!!! Un nuovo disco di Susanne Brokesch, a otto anni dallo splendido “Sharing The Sunhat” ed a due dal deludente “So Easy, Hard To Practice”. Tre uscite in dieci anni, e non si può certo dire che l'autrice sia uno di quei personaggi da rotocalco che ci impestano pressantemente la vita. Il CD, pur senza raggiungere le vette del mitico esordio, propone una manciata di brani estremamente ispirati: stelline di smeraldo che sembrano essere state tracciate con una piuma. La Brokesch, in questo frangente, sembra avere avuto un ripensamento rispetto alle sue radici mitteleuropee. Così è per la rilettura del Bowie berlinese in Heroes, che alcune amorevoli ruffianerie potrebbero far piacere anche agli ormai rancidi newwavers, e così è ancor più per i cinque brani (Der Soldat -> Verschwiegene Liebe) che formano una breve suite dedicata al compositore austriaco Hugo Wolf (1860-1903). La rilettura della Brokesch è comunque mirabile e mai indulge in quei classicismi ostentati che negli ultimi tempi hanno irretito, come la tela di un ragno, alcuni coleotteri ben più coriacei della sua `ossatura` di farfalla. A tratti emerge invece la memoria techno, ma mai prevarica le altre influenze e sovente si schiude verso maliziose poliritmie afro. Così è per il delizioso brano che intitola il disco, ripreso poi in versione più lenta, con uno spiazzante gusto retró, in un bel finale che non viene sminuito neppure dall`utilizzo di alcuni facili effettacci sintetici. Con Like A Hologram la Brokesch azzarda una `vera` canzone, dal mood soffuso e romantico, e di nuovo fa centro pieno. The Missing Records Are Private e To Go Back sono invece le piste più oscure e dissonanti del disco, e pure in esse è individuabile quel savoir-faire, quella mancanza di insincerità , che donano a tutto il CD un spirito così gradevole e affascinante. The Art Of Missing The Bus, felice fin nel titolo, è comunque la mia pista preferita: liquida, sfuggente, inafferrabile, solcata da quella miriade di indecisioni e tentennamenti che fanno perdere autobus, treno e pure la testa. Grazie Susanne, “Emerald Stars” è stato davvero un bel regalo di Natale. Bello e inatteso.
Non so se essere felice o contrariato per questa sua ritrosia a concedersi, ma pensate che se la Brokesch si concedesse più spesso sarebbe così affascinante?
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