`Territory´ // `l’A Neuve´ // `Zeitweise Leichter Schneefall´

Autore disco:

David Meier & Ramon Landolt // Anouck Genthon & David Meier // Christoph Schiller & Anouck Genthon

Etichetta:

Wide Ear Records (CH) // Wide Ear Records (CH) // A New Wave Of Jazz (B)

Link:

www.wideearrecords.ch
newwaveofjazz.com

Formato:

36:54 // 40:54 // 27:13

Anno di Pubblicazione:

2022 // 2022 // 2019

Titoli:

1) Intentions 2) Raumgewicht 3) Texture / Slightly Elevated 4) Deviations 5) But Beyond The Ordinary 6) At Home In The Green 7) Concrete Grey 8) Void // 1) Tsamodet 2) Deuve 3) Treutse 4) Torrent 5) Amônaz 6) Ferret 7) Gouille 8) Fouly // 1) Die Stille 2) Höhe der Sonne 3) Zeitweise Leichter Schneefall 4) Ein Leuchtender Saum 5) Nach Drei Nebeltagen 6) Der Meidinger’sche Füllofen 7) Flaschenpost

Durata:

36:54 // 40:54 // 27:13

Con:

David Meier, Ramon Landolt // Anouck Genthon, David Meier // Christoph Schiller, Anouck Genthon

tre passi avanti dalla Svizzera

x mario biserni (no ©)

«Alcuni nomi (nella certezza di dimenticarne molti altri)», così scrivevo a proposito dei batteristi nel mio articolo sulla new wave of jazz, e lo svizzero David Meier è uno dei dimenticati, cosa deprecabile se si considera che è uno dei pilastri in tale ambito.
In “Territory” spaccia fianco a fianco con il dispensatore di pillole elettroniche Ramon Landolt. Nel primo brano un drumming in scioltezza fa da sfondo a una babele di voci. In But Beyond The Ordinary la manipolazione dei suoni crea effetti balbuzienti. In At Home In The Green si è preda di stridenti feedback. Void è una copula disinibita di suoni distorti. Negli altri brani l’equilibrio fra acustico e sintetico è impeccabile e i due suonano come un sol uomo.
Nel duo con la violinista Anouck Genthon il drumming di Meier appare più rarefatto e minimale, più propenso alla creazione di tappeti materici ottenuti sia attraverso l’utilizzo di oggettistica sia attraverso tecniche di sfregamento. Lo stesso trattamento è riservato a un violino ricondotto a una sua incarnazione primitiva. Dove le percussioni suonano più come tali, negli splendidi sei minuti di Amônaz ad esempio, sono colpi bassi, lontani e rarefatti, mentre il violino è un soffio quasi impercettibile. Una batteria che non fa la batteria e un violino che non fa il violino, questo è il trucco che sta dietro alla riuscita di questo disco suonato con discrezione. Talmente con discrezione da consigliare la pubblicazione su supporto compact per evitare la perdita di sostanza nell’inevitabile diatriba con i rumori di fondo del vinile.
Approfitto di questa recensione per recuperare una collaborazione della violinista con il tastierista Christoph Schiller, risalente al 2019, che all’epoca della sua pubblicazione non trattai. La primitivizzazione del suono è in questo caso favorita dall’utilizzo, da parte di Schiller, di uno strumento antico come la spinetta. Quindi l’approccio è ancor più minimale e rarefatto, con un ampio utilizzo di spazi vuoti, in un dialogo a tre (Schiller usa anche la voce) che sposta in avanti la ricerca dei Feldman e dei Cage.


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Data Recensione: 25/2/2024

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