Interferenze 2005 (reportage)    di Salvatore Borrelli (foto di Leandro Pisano)





“Interferenze” giunge alla terza edizione con le sue anomalie congenite e le belle caratteristiche che ne fanno evento irripetibile sul panorama italiano. Questo è un festival che ha immediatamente, già dall'edizione precedente, surclassato un certo standard, proponendo con coraggio un certo programma anche con limiti e sforzi incomparabili (essendo ad ingresso gratuito e poggiando sulle magrissime finanze delle istituzioni e soltanto sulla passione degli organizzatori). Un festival in campagna in una zona del beneventano dove tutto l`anno non arriva niente che possa definirsi “indipendente” e dove non accade esattamente nulla non è come un festival in qualunque altra città tra quelle abituate ad eventi di questo tipo, che conta già di suo su precise risorse territoriali e non! Il programma del festival, comprese tutte le altre sezioni è trovabile ad: www.interferenze.org. Qui mi occuperò soltanto della sezione audio come di mia abitudine.

Aprono i Frame con un live audio/video a metà strada tra neo-longue, elettronica glitchosa e spunti jazzistici, che nei momenti più brucianti ricorda i Laddio Bolocko di “In real time” per una certa mistura krautiana tra sax e cadenza percussiva. Tuttavia i Frame soffrono della “sindrome Tied & ticket trio”: un certo perbenismo sonoro che, tagliati i momenti più stravaganti, circoscrive il set attorno a tentennamenti evidentemente troppo superati e da piano-bar per ferire, o fare di questa disciplina una pietra da scagliare con seducente corrosività . Sul principio le immagini ripagano e rispecchiano la premura dei singoli passaggi musicali, alla lunga però risultano placide e fanno ripiombare la musica in quella stessa innocenza ed indifferenza che un suono che si vuole sofisticato non dovrebbe integrare nè contemplare. Musica da salotto o da colonna sonora e per questo interlocutoria. E` la volta di Maja Ratkie coadiuvata da Gijle alle immagini (favolose). Un set d`incredibile potenza perturbante e perforante tragicità , tutto affidato ai movimenti, alla voce, alla modulazione fatta reagire dalla macchina e dall`interscambio con essa. Sul piano prettamente produttivo c`è la stessa ossessione di “Pulse demon” dei Merzbow e di “Schrei X” della Galas: un tripudio coinvolgente ed ostinato che ha connessioni con la neo-avanguardia più estrema ma stranamente più funambolica e reattiva. La prima sera si chiude qui dato che Marco Messina dei Nous è costretto a rinunciare al live per problemi di salute.

Mass apre la seconda giornata. Dal suo laptop udiamo il conglobamento imperscrutabile di sostanze melliflue, catartiche e filmiche che coabitano insieme con solerte fluttuazione. Un impianto gelatinoso, opulento, denso di epicentri rizomatici che, nonostante la forte familiarità con universi alla Niblock o alla Schaefer, possiede uno straordinario gusto tattile ed insidioso. Un live artisticamente impeccabile quello di Mass! Seguono le Midaircondo con un set sorprendente, figlio delle ricerche dei Velma e delle manovre vocali di Bjork. 3 donne dietro 3 laptop che sbriciolano noduli di perizia ed ottemperanza formidabili: forse prevedibile un po` la configurazione breve e progressiva dei vari interventi, ma sono tutti così ben suonati e ben provati che ospitano dentro il loro principio una puntualità che l`elettronica, spesso sterile conferma di un pigiamento di play, non può permettersi essendo incapace di esperirsi nei limiti oggettivi dell`esecuzione. Popolous, affiancato da Matilda De Rubertis, ci presenta un set fiacco con forti dosi di prevedibilità e dal sapore Prefuse 73 senza l`indole adatta e la creatività rifinita. La voce della vocalist addolcisce il tutto senza troppa sostanza, nè i pessimi video di Rosso, dal sapore kitch, ma talvolta trash, aiutano granché. Chiude un Jelinek effettivamente pretestuoso che sembra saperla lunga sui primi passaggi ancora ovattati e rilassati ma che appena diventano materia vivente precipitano in una prevedibilità che resta nella sufficienza di un set moderno e ne contiene la mediocrità consona di tutti quelli che sono dei set ritmici eseguiti premendo un play.

Il terzo giorno è quello meno riuscito. Aprono il live degli irriconoscibili Slow Motion lontanissimi dai brani dell`importante “The days of station wagons” e nel frattempo convertiti ad un`elettronica anni `80, che ha un gusto nostalgico ma resta logicamente distante, più ancora del set di Popolous, da ciò che si definisce ricerca sonora o identità sperimentale.. E` la volta di Brinkmann + Tba (Initials BB): sulla carta pare bello, ma solo per 40 minuti, cioè per 5 episodi, poi tutto imputridisce. Brinkmann sfiora e sfora le 3 ore di suonata in un delirio di onnipotenza davvero poco condivisibile. Resterà sul set anche quando TBA andrà via. Da un lato Brinkmann quando suona seriamente pare che vada a riscrivere con congruenza esaltante una lingua che altri non potranno che attraversare casualmente, dall`altro il musico è anche quello festaiolo che durante il set esce di scena tre volte per pisciare dietro un muro lasciando il pc in play e scaldandosi sul palco come un saltimbanco divertito di fronte ad una platea letteralmente incontentabile e fuori controllo totale. Resta l`amarezza di non vederlo coinvolto in quei materiali che l`hanno reso un caso a parte rispetto alla techno più becera, ma evidentemente questo tipo di marchette gli permetteranno di vivere e queste sono scelte rispettabili lo stesso: piacerà ai mangiatori di trip ma non certo a noi! Chiude la notte Ilic, che per quasi tutto il set, è costretto a suonare con un solo piatto, essendo l`altro (procuratogli dal service) privo di puntina. In questi casi c`è chi si rifiuta proprio di suonare, ma la passione è di pochi ed il nostro continua fino ad orari improponibili per noi che non ce la sentiamo di restare in mezzo ad un`ondata di deficienti che credono che quello sia un party figo e che la piccola e bellissima piazzetta di S. Martino una discoteca. Cosa che stupisce e rende sgomenti tutti quanti: astanti, curiosi, gente del luogo ed organizzatori (le serate precedenti erano state all`insegna di un pubblico interessato e coinvolto). Un festival si diceva, che ha puntato su una intricatissima sezione video, istallazioni, e conferenze ma che, in definitiva, se fosse stato tutto al femminile, avrebbe manifestato un`ulteriore punto di forza proteggendoci dall`attacco dei barbari dell`ultima serata.

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