Se non sbaglio Kongrosian nasce, discograficamente parlando, all`inizio del millennio come trio guidato dal sassofonista Ivan Pilat, più Stefano Giust alla batteria e Federico De Pizzol alle tastiere (un disco su Setola di Maiale). La sigla è stata poi ripresa a rappresentare un trio di ance che, con l`ausilio di vari ospiti, all`inizio dello scorso decennio pubblicò alcuni dischi per l`allora neonata Aut Records (il primo numero del catalogo Aut è proprio “Bootstrap Paradox” firmato Kongrosian e Oreste Sabatin). E` quindi con una ferrea logica che, per festeggiare la cinquantesima pubblicazione in dieci anni di attività , è stato scelto dall`etichetta berlinese un disco del trio che, a fiancheggiare il sax baritono del Pilat, vede schierati Davide Lorenzon al sassofono tenore e Alberto Collodel al clarinetto basso. La Aut sfrutta l`occasione anche per azzardare la sua prima emissione in vinile, un bel LP di colore rosso stampato in sole 200 copie, dopo un lungo periodo tutto giocato sul più economico supporto compact.
Ottima scelta, dacchè la divisione del vinile in due lati asseconda sia la natura del disco, strutturato in due parti ben distinte, sia l`idea di split fra la Aut e la Oltrarno Recordings (che ha condiviso la produzione).
Il primo lato del disco vede all`opera il trio di ance nella sua forma più pura; una formula, questa, che ha radici espressamente nel jazz contemporaneo (credo che le prime sperimentazioni di questo tipo si debbano a Eric Dolphy). Il primo brano è una istantanea collettiva, con i tre fiati che lottano strenuamente, in un sovrapporsi di ritmi e melodie, fino a raggiungere inaspettatamente nel finale una situazione di tregua fatta di linee armoniche contigue. Mikrokosmos e Freak Out, firmati da Pilat, sono i brani più ariosi e condiscendenti alla melodia e ai fraseggi, senza però rinunciare agli intrecci armonici, alle fughe, ai netti contrasti timbrici, in pratica a qual caleidoscopio di colori che rimandano al “Free Jazz” di Ornette Coleman e alla pittura di Pollock. Tensegrity part II, firmato da Collodel, è il brano più inquietante, con i suoi stacchi netti e repentini a rimetterne continuamente in discussione la struttura, ma anche con l`ampio spazio riservato al fraseggio dei tre strumentisti. L`ingrediente che accomuna i quattro brani è comunque l`imprevedibilità , ne comprendi l`inizio ma non riesci mai a immaginare dove il percorso finirà per portarti.
Il secondo lato, gestito dalla Oltrarno, è occupato dai remix di tre dei quattro brani, chiaro omaggio ai ritmi techno e house che imperversano nei club berlinesi. Apre le danze, nel senso letterale del termine, Cloud Of Illusions (aka Stefano Meucci, uno dei fondatori della Oltrarno Recordings) con quella che è forse la versione più rispettosa dell`originale, comunque visionaria e ricca di sfumature. La versione remix di Mikrokosmos, affidata a Daniele Papini, ha caratteristiche meno domestiche e i ritmi, secchi e spigolosi, predominano riducendo gli originari intrecci dei fiati a pochi tratti oscuri e notturni. Brinkmann, inaspettatamente, evita le cavalcate ritmiche per coagulare i suoni in grumi di rumore. Insolito e stupefacente.
Attendiamo ora con ansia il 100° numero del catalogo.
|