`La Chiamata´

Autore disco:

Deadburger Factory

Etichetta:

Snowdonia Dischi (I)

Link:

www.snowdonia.it
snowdonia.bandcamp.com/

Formato:

CD

Anno di Pubblicazione:

2020

Titoli:

1) Onoda Hiroo 2) Un incendio visto da lontano 3) La chiamata 4) Tryptich 5) Tamburo sei pazzo 6) Manifesto cannibale 7) Blu quasi trasparente

Durata:

47:03

Con:

Vittorio Nistri, Simone Tilli, Alessandro Casini, Carlo Sciannameo, Silvio Brambilla, Lorenzo Moretto, Pino Gulli, Zeno De Rossi, Cristiano Calcagnile, Bruno Dorella, Marco Zaninello, Simone Vassallo, Alfio Antico, Silvia Bolognesi, Enrico Gabrielli, Edoardo Marraffa, Lalli, Cinzia La Fauci, Davide Riccio, Paolo Bacilieri (disegni), Gabriele Menconi (grafica)

un concentrato di cultura

x mario biserni (no ©)

Ho sempre creduto che le opere migliori sono quelle giovanili, più ricche di idee, più incompromesse e più frizzanti. I Deadburger sbriciolano questa mia convinzione come fosse un pavesino. “La chiamata” arriva a più di vent`anni dal loro esordio e dopo altri cinque dischi, e invece di mostrare segni d`invecchiamento e/o di stanchezza rappresenta il loro zenit (per il momento, naturalmente, anche se credo che difficilmente riusciranno in seguito a superarlo ... comunque sia, mai dire mai).
“La chiamata” è una specie di gemello del precedente, già ottimo anche se forse un po` dispersivo, “La fisica delle nuvole”. Come quello viene presentato in una lussuosa confezione, insieme a un bel libretto di una sessantina di pagine comprensivo dei testi e delle informazioni su chi suona nei vari brani, oltre a una galleria fotografica e altri interessanti flash e notiziole (le più succose sono raccolte sotto il titolo Strano, ma vero!). Il tutto, disco e libretto, è racchiuso in un cofanetto in PVC, dal cui frontespizio si affaccia il volto espressivo di un anziano aborigeno australiano.
“La chiamata” è un disco colto, molto colto, e scrivendo così sono consapevole dell`equivoco che ne può derivare. Con cultura non mi sto riferendo a dottorati e nozionismo. Accademia e saccenteria sarebbero, nel qual caso, termini ben più adatti da usare. Con cultura mi riferisco a quelle conoscenze che non necessariamente si acquisiscono frequentando un`università , dove spesso più che farsi una cultura si viene plasmati sul modello delle classi dirigenti e rimpinzati di tutte quelle nozioni utili alla nostra vita di cittadini rampanti. Un esempio classico: che i garibaldini a Bronte fecero strage dei contadini che avevano occupato le terre è un episodio che fa parte della nostra cultura ma nelle nostre scuole non se ne parla.
«Tu sai citare i classici a memoria / Ma non distingui il ramo da una foglia», così cantava Ivan Graziani a proposito di accademismo, nozionismo e cultura.
“La chiamata” straborda di cultura, molto più del suo predecessore che già era, da questo punto di vista, un disco di una certa levatura, e in tal senso è pieno zeppo di richiami e riferimenti (voluti o casuali che siano). Proverò a citarne qualcuno.
Innanzi tutto l`idea della factory, già messa in pentola nel disco precedente, non può non rimandare ad Andy Warhol.
Onoda Hiroo è uno di quei soldati giapponesi che non si arresero, continuando a presidiare la loro posizione nella giungla delle Filippine, nonostante la guerra fosse terminata da circa trent`anni (per la precisione fu il penultimo ad arrendersi, nell`anno 1974).
Un incendio visto da lontano è un film del 1989 di Otar Ioseliani.
Blu quasi trasparente è un romanzo del giapponese Murakami RyÅ« pubblicato nel 1976.
In Manifesto cannibale il riferimento è al dadaista Francis Picabia.
La chiamata è un dipinto di Paul Gauguin del 1902.
Tryptich è un brano di Max Roach tratto da “We Insist!”, uno dei dischi più importanti della consapevolezza afro-americana. La ripresa di questo brano, centrale rispetto ai sette del disco, con la quale concomita sia la presenza di numerosi jazzisti all`interno della Factory sia il massiccio utilizzo di percussionisti, ben nove su sedici strumentisti complessivi, chiarisce senza tante perifrasi l`impronta jazz (free) che marca a fuoco tutto il lavoro. Ma è ben presente anche quella tradizione rock, virato industrial, che ha accompagnato il percorso dei Deadburger a partire dai loro inizi. La chiamata e Blu quasi trasparente, ad esempio, con i loro testi declamati si pongono sulla linea CCCP-CSI. Ma, come visto, i riferimenti non sono solo di carattere musicale. Il recitato iniziale di Tamburo sei pazzo sembra infatti uscire dalla bocca di Vittorio Gassman. Il finale gospel, dove l`happiness non è a warm gun ma a warm mall, mi ha fatto invece pensare a vecchi musical tipo “Hair”.
Ragazzuoli fidatevi, e gettatevi su “La chiamata” a babbo morto.


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Data Recensione: 24/2/2022
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