`Nova esperanto (l’album perduto del 2006)´

Autore disco:

Casa

Etichetta:

Dischi Obliqui (I)

Link:

twitter.com/casanewsletter

Formato:

CD

Anno di Pubblicazione:

2021

Titoli:

1) A Ulrike 2) Parco Lambro 3) Ateo Stato 4) Lingua artificiale 5) Militanza e clandestinità 6) Feltrinelli GAP 7) Agente Z 8) Ülkü Ocaklari 9) Walking Down The Street 10) No Agape 11) Renato, Alberto e Margherita (+ Nullificazione)

Durata:

49:25

Con:

Aleksandar Koruga, Fabio De Felice, Filippo Bordignon, Gianni Bertoncini, Gigi Funcis, Giuseppe Laudanna, Irene Bianco, Michele Zattera

anni di piombo: ne vogliamo parlare

x mario biserni (no ©)

Punto primo: «Nel gennaio 2005 mi trasferì a Milano per piazzare la musica dei Casa, intenzionato a bussare alle porte di ogni etichetta discografica che si dicesse indipendente. Realizzato il disinteresse dei tanti nominativi contattati, tornai a concentrarmi sulla composizione, coadiuvato dall’artista Fabio De Felice all’elettronica. Pensammo da subito a un concept album incentrato su fatti e personaggi emersi in seno ai così detti anni di piombo; per quattro mesi lavorammo a un genere di elettronica saturata oltre i limiti della distorsione, che battezzai punk’n’loop extraparlamentare, pervenendo a una soluzione disinteressata ai trend sonori allora imperanti. Mi adoperai affinché il cantato non si giovasse di testi di senso compiuto, servendomi di un grammelot che alternava inglese sui generis, italiano asintattico e un discreto assortimento di ragli e biascichii. A dicembre 2006 trovai impiego come giornalista a Vicenza, lasciando Milano e perdendo di vista Fabio per i successivi 13 anni. Nel 2020 tornammo a sentirci: il pretesto fu il ritrovamento di un biglietto d’auguri sgualcito dove avevo annotato con grafia minuscola arrangiamenti e sovraincisioni della nostra opera incompiuta. Dal canto suo Fabio rinvenne un hardware esterno che fino ad allora aveva creduto perso, il quale conteneva tracce e progetti dei brani che costituivano “Nova Esperanto”, una seconda coincidenza che ci motivò a riprendere la collaborazione interrotta. Fondamentale fu l’aiuto di Gigi Funcis, compositore e produttore che già aveva collaborato a due album dei Casa nel 2008 e 2009; egli si calò perfettamente nell’atmosfera claustrofobica che avevamo evocato in quelle giornate milanesi, divenendo a tutti gli effetti il terzo autore dell’opera oggi concretizzatasi. “Nova Esperanto” è dunque il primo album a nome Casa, anticipando così di un anno l’esordio ufficiale “Vita politica dei Casa”, che registrai a Vicenza nel 2007 insieme a una formazione rock», (così è scritto nelle note di copertina redatte da Filippo Bordignon).
Punto secondo: “Nova Esperanto” vede dunque la luce a quindici anni dal suo concepimento, ma questo è un particolare che non ne sminuisce il valore, casomai lo rende ancor più degno di attenzione.
Si tratta di un’opera concettualmente riferita ai cosiddetti anni di piombo, che vengono ricordati attraverso le vicende e i protagonisti dell’epoca citati nei titoli dei vari brani. Ora, seppure non sia mia intensione infilarmi in un argomento che richiederebbe una narrazione non esauribile nello spazio di una recensione, trovo che la definizione anni di piombo sia piuttosto inappropriata dal momento che in precedenza e successivamente ci sono stati anni ben più pesanti, mentre in quello specifico periodo c’è stata sì una forte tensione sociale, bilanciata però da numerosi stimoli creativi. In “Nova Esperanto” vengono prese in esame tutte le forze in campo ma, volendo, si potrebbe rimproverare a Bordignon e compagni il non schierarsi, e si sa benissimo che nelle dispute il non schierarsi equivale allo stare con il più forte. In realtà nutro qualche dubbio rispetto al neutralismo di Bordignon dal momento che l’iniziale A Ulrike ha tutto l’aspetto di una dedica e di conseguenza è già una presa di posizione in grado di permeare tutto il disco (spero non si tratti solo di una mia interpretazione e, al proposito, l’unica delucidazione può arrivare dagli artisti stessi).
Un altro elemento contradditorio sta nella breve coda Nullificazione, outro strumentale neoclassica prossima a certe cose più recenti del catalogo casa-reccio. L’unico significato che riesco a trovare in tale appendice è nell’idea che da tutto quel can can non è poi venuto fuori nulla e tutto si è risolto in un cosiddetto fuoco di paglia. La realtà delle cose può apparire tale ma è di fatto ben diversa. Innanzi tutto va detto che lo stato, le cui forze erano massicciamente preponderanti, è uscito vittorioso e rafforzato da quello scontro e ha cancellato numerosi spazi di democrazia e libertarismo che erano stati conquistati dopo faticose lotte e sacrifici, e talvolta pagando prezzi altissimi anche in vite umane. Dall’altra parte è innegabile che quegli anni hanno portato a una crescita culturale probabilmente irreversibile e destinata comunque a dare i suoi frutti (basta riscoprire i documenti relativi ai festival del Parco Lambro per capire come certe tematiche relative al superamento delle discriminazioni di genere fossero già ben presenti nei dibattiti dell’epoca).
Punto terzo: sotto l’aspetto musicale “Nova Esperanto” è piuttosto diverso da quello che l’entità indefinibile chiamata Casa – nella realtà Filippo Bordignon con una serie variabile di collaboratori – produrrà in seguito. Qui, ad esclusione della coda strumentale di cui s’è detto, a farla da padrona è un’elettronica dalle caratteristiche oscure e ossessive, rappresentativa della tensione sociale che in parte ha caratterizzato quegli anni. Manca però qualcosa, e visti attraverso questo disco gli anni ’70 potrebbero apparire come un periodo univoco di oscure ossessioni, senza che se ne raccolgano gli aspetti giocosi e ironici (quello che all’epoca avevano un po’ fatto gli Area di Gioia e rivoluzione o cantautori come Gianfranco Manfredi e Giorgio Gaber). Cioè, “Nova Esperanto” ci presenta un periodo storico ricco di sfaccettature come fosse un monolito inattaccabile. Non contribuisce certo a raddrizzare la visione una voce che biascica parole incomprensibili. Se lasciamo da parte gli aspetti storico-ideologici, aspetti che purtroppo i titoli dei vari brani vogliono tirare in ballo, il disco è sostanzialmente godibile, e con il suo occhieggiare a soggetti come Clock DVA, Antigroup e Skinny Puppy rappresenta un caso quasi unico nell’Italia d’inizio millennio. Oggi riusciamo ad apprezzarlo senza riserve, ma comunque in un’ottica da curiosità storica, se invece fosse stato pubblicato al momento del suo concepimento forse sarebbe stato salutato con un tripudio di fuochi d’artificio e magari avrebbe anche indirizzato in modo diverso la produzione successiva dei Casa.


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Data Recensione: 31/12/2022
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