Non è una recensione facile, questa che mi appresto a fare. In primo luogo perchè si tratta di un lavoro complesso e ambizioso, mal descrivibile nello spazio di una recensione. E in secondo luogo perchè non si tratta di musiche estremamente commerciabili. Consigliare ai lettori l`acquisto è quindi piuttosto problematico, seppure io senta il dovere di farlo spassionatamente.
Per iniziare si può tranquillamente usare una sola parola: Sardegna, terra alla quale rimandano i cognomi dei due protagonisti e terra nella quale è stato concepito e realizzato il progetto “Humyth”. Così incappiamo da subito in una prima serie di quesiti: Perchè la Sardegna? Perchè dalla Sardegna proviene una percentuale di musicisti sperimentali relativamente elevata rispetto al resto del paese? Lascio al lettore l`eventuale risposta, faccio solo notare che la musica tradizionale sarda si è ritagliata uno spazio e una considerazione internazionali che non ha eguali nel resto d`Italia, e penso che tale importante tradizione possa rappresentare già una chiave di lettura. Se sarà possibile cercherò di approfondire la questione insieme ai due musicisti stessi.
Sulla musica, invece, la prima cosa da mettere in chiaro è che si tratta di musica per soli strumenti a percussione, seppure intesi ad ampio raggio e utilizzati anche in modalità non convenzionali.
Il lavoro è diviso in due parti, acquistabili separatamente, comprensive di una prima registrazione avvenuta a Febbraio 2017, nello studio di Giacomo Salis, e di una parte audiovisiva filmata da Andrea Piras, a Giugno dello stesso anno, nello splendido scenario rappresentato dalle antiche terme di Sardara. Le registrazioni di studio sono state pubblicate su CD dalla Confront Recordings mentre le altre vengono distribuite in un DVD a edizione molto limitata, acquistabile scrivendo ai musicisti, o come file audio scaricabile su Bandcamp (sopra trovate tutti i link e gli indirizzi utili).
Rispetto all`utilizzo non convenzionale degli strumenti, ma ormai non si tratta più di novità assolute, puntualizzo come i tamburi vengono non solo battuti ma sfregati con archetti e/o altri arnesi. Inoltre viene utilizzata una miriade di oggetti e altri piccoli congegni, andando anche a inserire elementi di automatismo (Salis, a un certo punto del video, mi ha fatto pensare a un concerto di Attila Faravelli durante una rassegna Firentina).
Il lavoro è dedicato a Steve Reid, un batterista noto, tra l`altro, per aver collaborato con Charles Tyler, oltre alla partecipazione ad altri progetti e alla realizzazione dell'ottimo disco in solitudine “A Drum Story”. Quindi mi pare chiara l`intenzione di interfacciarsi con la tradizione della musica afro-americana, e attraverso essa con le ritualità afro-asiatiche, ma nell`azione dei due sono chiari anche i riferimenti ad artisti di area contemporanea come John Cage, Karlheinz Stockhausen o Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza. Cosiccome, questo soprattutto nel DVD, pare evidente l`intenzione di creare un`interazione dei suoni con l`ambiente nel quale vengono prodotti (a tal proposito consiglio ai lettori lo storico “Schwarzwaldfahrt”, registrato da Han Bennink e Peter Brötzmann nella Foresta Nera, come fulgido punto di riferimento). D`altronde la precedente occasione nelle quale c`eravamo imbattuti nei due era recensendo “Kio Ge”, un Cd nel quale collaboravano con un artista molto attento a questi concetti qual è Jeph Jerman.
Un'unica nota negativa va alle confezioni della Confront Recordings. So bene che in passato avevo speso parole lusinghiere nei confronti dei piccoli box in metallo utilizzati ma oggi, alla distanza e alla luce dettata dall`esperienza, mi devo ricredere. Confermo la bellezza di tali confezioni, ma tale bellezza va purtroppo a discapito della praticità , i CD si tolgono con difficoltà dal supporto e il rischio di una loro rottura è di grado molto elevato.
Per il resto auguro a tutti un buon agosto drummatico.
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