Gli spasmi del sax (più che ad Ayler o Brötzmann fanno pensare a Roscoe Mitchell), i recitati lascivi alla Lydia Lunch, l`elettronica sporca e cattiva, la ritmica che sposa il free jazz al funk, todo è no (no wave, no rock, no jazz) in questo collettivo con alcuni componenti dagli illustri trascorsi (3EEM, Anatrofobia). Roba da streghe e stregoni. D`altronde le Masche, alle quali si fa riferimento nella ragione sociale, hanno un loro significato stregonesco nella tradizione folclorica piemontese. Gli accostamenti si fanno via via più nitidi e/o più sfumati (c`entra lo stato d`animo del momento ma anche una musica così mal inquadrabile e indefinibile): Yoko Ono, Starfuckers, Swans e cose simili. Un buon manifesto sonoro del collettivo, dal momento che masca sembra derivare da un termine longobardo che stava a indicare l`anima di un morto, mi sembra albergare nell`oscuro e inquietante coro muto di Hung. Pregi e difetti: “Kalvingrad” è formato da singoli episodi di eccellente fattura che però non sembrano legare troppo bene l`uno con l`altro. I pregi superano comunque di gran lunga i difetti.
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