18 Luglio    di e. g. (no ©)





`Gérard aveva trovato la felicità : Marianne era l'amore che dava un senso alla sua vita. Quasi per caso, Marianne fugge con un altro. Gérard si ricostruisce una vita con Aline, ma Marianne è ancora presente nei suoi pensieri. Poco dopo riceve la notizia della morte della donna: «Stava andando in bicicletta ad Ibiza e l'hanno trovata morta al margine della strada»`. Quando Philippe Garrel vinse il Leone d`Argento al festival di Venezia con il film "J'entends plus la guitare", nel 1991, Nico era già morta da tre anni, precisamente il 18 Luglio 1988. Il regista francese, tramite il protagonista del film, riviveva la sua storia d`amore con la tenebrosa cantante, attraverso una tratteggiatura poetica e nostalgica che rimane ancor oggi il ricordo più intenso dedicato alla `femme fatale`.
Credo che ogni percorso indirizzato alla riscoperta di Nico dovrebbe iniziare da quel film.

Non è quindi un caso se questo articolo viene pubblicato proprio il 18 Luglio, 17 anni dopo quel giorno che sembra essere ormai così lontano. In una data che è già memoria, per i più grandi, mentre per i più giovani inizia ad essere un `sentito dire`. Una data, quindi, destinata a scomparire dalle annotazioni dei calendari, forse anche da quelle dei meno ordinari.
All`epoca si scrisse di una morte banale, ma lo fu davvero? Banale è forse la causa in sé, una caduta di bicicletta, ma non certo l`effetto che tale causa è andato a determinare.
La morte, per una vita vissuta in modo così pericoloso, avrebbe dovuto essere di tutt`altra fatta. La morte di un guerriero è banale se avviene a vent`anni, in battaglia, ma assume un aspetto straordinario se avviene a ottant`anni per una puntura d`insetto. Però i nostri meccanismi sono abituati a registrare come straordinario solo ciò che fa scena, indipendentemente dalla sostanza, e di conseguenza è difficile comprendere lo straordinario quando esso veramente si verifica. E la morte di Nico, come cercherò di dimostrare, ha veramente le caratteristiche dell`avvenimento straordinario.

Nico è morta a cinquant`anni, quando una vita d`eccessi si era già portata via la sua proverbiale bellezza e, se non fossimo così meschinamente attaccati a questa vita, dovremmo definire provvidenziale quella morte che ce l`ha restituita alla memoria in tutto il suo splendore. D`altra parte quei cinquant'anni, seppure da eterna esule, li ha vissuti con un`intensità che a pochi di noi mortali è dato raggiungere.
La sorte ha voluto che uscisse di scena dalla scala posteriore, così come c`era entrata, lontana dai clamori di una morte appetibile sia per il cancan dei media sia per la fermentazione del mito. Il mito, come abbiamo già detto, si nutre di una sua banalità e di una sua consuetudine. Se Cristo fosse morto cadendo per le scale non sarebbe certo diventato quello che è diventato. Se Jim Morrison fosse morto travolto da un auto, mentre attraversava la strada fuori dalle strisce pedonali, non sarebbe diventato quello che è diventato. Se `Che` Guevara fosse morto a Cuba, in un incidente agricolo, non sarebbe diventato quello che è diventato. Se Kurt Cobain fosse morto per un tumore alla prostata non sarebbe diventato quello che è diventato.
`We can be heroes just for one day` cantava David Bowie (Heroes).
“Too Old To Die Young”, si intitolava invece un disco di Kevin Ayers.
Questo è il vero dramma mediatico della morte di Nico, l`essere stata un `mito potenziale` morto in circostanze che non si addicevano al suo ruolo. Da comune mortale e non da Dea. No, non si è immolata nell`altare dell`arte, seppure ne abbia avuto sia possibilità sia l`occasione, e così è sfuggita per un pelo a quella prigione che l`uomo ha destinato ai santi, per continuare a viaggiare libera in quel campo di papaveri rossi riservato invece ai poeti.
E nessun `oliverstone` farà mai un film sulla sua vita... resta soltanto Philippe Garrel a vagheggiarne la presenza umana.
Eppure la sua vita sarebbe già di per sé, seppure caldeggiata da una buona dose di mitomania personale (1), abbastanza romanzata da essere un film.

Nico è un personaggio che contraddice i luoghi comuni, tutta la sua vita è piena di antinomie ai luoghi comuni. Si pensa, ad esempio, che una donna più è bella e più è futile, ma Nico era una donna bellissima eppure profondamente tormentata, e autrice di una musica che era l`opposto della futilità e della banalità . Ha avuto una vita importante, densa di flirt, nondimeno è quasi sempre riuscita a tenere separata la dimensione pubblica dell`artista dalla sfera del privato, restando sempre aliena alle pagine scandalistiche dei rotocalchi.
La sua è stata una vita misteriosa e piena di misteri, in alcuni dei quali la morte ha fatto chiarezza; e questa è un`altra anomalia, dal momento che la morte, solitamente, è come sabbia che ricopre il vissuto. Uno dei misteri chiariti riguarda la sua data di nascita, che a questo punto può essere definita con una certa precisione nel 16 Ottobre 1938, a Colonia e con il nome di Christa Päffgen, come è riportato nella tomba in cui è sepolta, insieme alla madre Margarete Päffgen, in un piccolo cimitero di Berlino. Altra cosa ormai quasi certa è che non conobbe mai il padre - morto in guerra, per alcuni, e in un campo di concentramento per altri - e che già dal secondo anno di vita iniziò una vita da `esule`, con il trasferimento a Berlino e poi nella piccola cittadina di Spreewald, nei pressi della capitale, dove lei e la madre raggiunsero il nonno che lavorava nelle ferrovie. Da lì tornò nella Berlino martoriata e divisa del dopoguerra, dove il suo fisico statuario fece sì che, giovanissima, fosse instradata nell`attività di fotomodella.
La malasorte ha voluto che uno sputo d`anno le impedisse di vedere riunificata quella città dove era iniziata la sua vita vissuta spericolatamente e della quale non si era mai dimenticata.

All`età di 15 anni era già ad Ibiza dove il fotografo Tobias la ribattezzò `Nico` - dal nome del suo ex boy-friend, il regista Nico Papatakis - e proprio ad Ibiza, così com`era iniziata, terminerà l`esistenza di Nico, prima e dopo c`è stata soltanto Christa Päffgen. Come modella, divenuta pupilla della famosa stilista Coco Chanel, lavorò fino alla fine degli anni Cinquanta per riviste prestigiose come Vogue, Tempo, Vie Nuove, Mascotte Spettacolo, Camera, ELLE, ed altre ancora.
Da modella ad attrice il passo fu breve e nel 1958-1959 ottenne delle parti minori in “La Tempesta” di Alberto Lattuada e in “For The First Time” (titolo italiano “Come prima”) di Rudolph Maté. Nello stesso periodo andò a New York, dove studiò recitazione con Lee Strasberg. A 22 anni, nel 1960, ottenne una piccola parte ne “La dolce vita” di Fellini e nel 1963 era già protagonista in “Strip-tease” (titolo italiano “Una ragazza nuda”) del francese Jacques Poitrenaud. Per “Strip-tease” registrò anche il brano conduttore, con la produzione di Serge Gaisbourg, ma questo non venne mai realizzato perchè gli fu preferita la versione di Giuliette Greco. L`ambiente del cinema, impersonificato da Alain Delon, le lasciò il figlio Ari (nato nel 1962). Lui, naturalmente, negò di essere il padre, ma lei non mollò... fatto sta che trovò il modo di appioppare il bimbo ai genitori dell`attore e proseguì per la sua strada.
con_Brian_Jones Una strada che si manifestò attraverso le sembianze di Brian Jones, conosciuto a Parigi nel 1964, che la invitò a Londra e la introdusse nel mondo della musica presentandola al manager degli Stones Andrew Loog Oldham. Quest`ultimo le fece incidere due canzoni - I'm Not Sayin (di Gordon Lightfoot) e The Last Mile (firmata da Jimmy Page e dallo stesso Oldham) - pubblicate come singolo, nel 1965, dalla sua etichetta Immediate. Oldham produsse personalmente il primo dei due brani e Page produsse il secondo (dove è possibile sentire anche il suo inconfondibile stile chitarristico). Si tratta di due gemme folk-rock e la Nico cantante è già lì, con tutte le sue caratteristiche, e si annuncia come una specie di un Re Mida in grado di trasformare in oro tutto ciò che tocca con la sua voce.

Sempre a Parigi, nel 1965, conobbe Bob Dylan e insieme registrarono una versione demo di I'll Keep It with Mine, una canzone che lei sostiene essere stata scritta appositamente per la sua voce. Il cantautore, l`anno seguente, gli dedicò un`altra canzone (Visions Of Johanna, su “Blonde On Blonde”) e, secondo alcuni, fu proprio lui ad introdurla nell`entourage di Andy Warhol e Paul Morrissey, che la utilizzarono dapprima come attrice nei loro film sperimentali e legarono poi il suo nome a quello dei Velvet Underground.
Nel primo disco del gruppo (uscito nel 1967) Nico cantò tre canzoni, Femme Fatale, All Tomorrow's Parties e I'll Be Your Mirror (le ultime due vennero pubblicate anche come singolo apripista nel 1966). In realtà le canzoni cantate da Nico avrebbero dovute essere di più, sia nelle sue intenzioni che in quelle dello stesso Warhol, ma la probabile opposizione di Lou Reed ridusse il suo spazio a quelle tre piste.con_i_Velvet_Underground D`altra parte Nico non fu mai parte integrante del gruppo, lo dimostra l`accreditamento del disco ai Velvet Underground & Nico e lo dimostra il film omonimo di Andy Warhol, dove lei faceva soltanto presenza fisica, senza profferire parola, seduta con un tamburello in mano e il figlio Ari che razzolava ai suoi piedi, inquietante presenza femminile al centro della `mascolinità ` dei quattro Velvet. E` bene osservare che la postura di tutti i musicisti era più prossima a quella dell`ensemble da camera che al gruppo rock, ma la presenza di Nico, per quanto riguarda l`equilibrio sonoro, era assolutamente insignificante. La sua voce, in ogni caso, bollò a fuoco il disco, e lo contrassegnò talmente tanto da rendere arduo l'immaginarlo privo della sua presenza.

Nel 1966 Nico fu fra i protagonisti di un altro mitico film di Warhol, “The Chelsea Girls”, e “Chelsea Girl” è il titolo dell`ellepì con cui, due anni dopo, esordì come solista su etichetta Verve. All`uscita del secondo disco dei Velvet Underground, infatti, era già stata allontanata dalla cerchia del gruppo e si stava esibendo nei locali della Grande Mela in veste di folksinger, e l`album rappresenta alla perfezione quel periodo della sua attività musicale. Se in questo momento fossi predisposto a scrivere banalità direi di un disco brutto, appesantito da stucchevoli arrangiamenti d`archi, reso noioso dai flauti, ecc.... In realtà il disco è bellissimo, gli arrangiamenti d`archi sono molto misurati e si incastrano in modo fantastico con la sua voce profonda. E che dire dei brani, stilati tutti da grandi penne come Lou Reed, John Cale, Bob Dylan, Tim Hardin e l`allora giovanissimo Jackson Browne (che Nico svezzerà ai piaceri dell`amore)! It was A Pleasure Then è la prima canzone scritta da lei, insieme a Reed e a Cale, a fare la sua comparsa su disco, ed è anche l`unica a conservare un legame reale con i Velvet Underground per via di una certa indole rumorista.dal_film_The_Velvet_Underground_&_Nico E` posta in chiusura di un primo lato che inanella una gemma dietro l`altra: The Fairest Of The Seasons e These Days, di Browne, e Winter Song, di Cale, sono cantate con una maturità stupefacente. Il secondo lato del disco è minore, ma pure presenta due capolavori come I`ll Keep It With Mine di Dylan e Eulogy To Lenny Bruce di Tim Hardin. Fra gli accompagnatori certi ci sono John Cale e Lou Reed (quest`ultimo, una volta messa Nico al suo posto, cioè lontana dai Velvet Underground, non ha più nulla da ridire).

E ancora, a proposito di ossequiosa banalità nei confronti di quanto è stato già scritto, dovrei raffigurare il successivo “The Marble Index” (Elektra 1969) come il suo massimo capolavoro (o come uno dei suoi capolavori). In realtà mi sembra che il disco abbia quei difetti che si vogliono attribuire al lavoro precedente. Gli interventi di John Cale, che suona quasi tutti gli strumenti, sono troppo invadenti e ossessivi, e finiscono per caratterizzare profondamente il disco, mentre una patina esageratamente epica non riesce a camuffare un melodismo molto più banale di quanto lo fosse quello di "Chelsea Girl". Ma è soprattutto l`eccessiva drammaticità degli arrangiamenti di Cale che, unita ad una voce già drammatica di suo, appesantisce talmente la musica finendo per rendere il pathos paradossale e poco credibile. Se questo sia dovuto ad una mania di protagonismo, da parte di Cale, od all`insicurezza della cantante, che si trovò per la prima volta a dover gestire un intero disco di sue canzoni, è difficile da dire.
Con ciò non intendo affatto sostenere che il disco è brutto in assoluto, tutt`altro, ma solo che non rappresenta la sua vetta creativa. I brani più classici, No One Is There, Frozen Warnings e Ari`s Song (dedicata al figlio), accusano gli ascolti ripetuti fino a diventare, una volta assorbita l`amara scorza di superficie, stucchevoli come melassa. Basta ascoltare i primi due titoli nella versione data due anni dopo, in una “Peel Session” e con l`accompagnamento del solo harmonium, per rendersi conto di quanto il loro potenziale sia superiore a quello di queste registrazioni.
E proprio l`introduzione dell`harmonium (o quanto meno la sua popolarizzazione) è il grande contributo dato da Nico alla musica popolare degli ultimi cinquant`anni.
La versione in CD di “The Marble Index” contiene due titoli esclusi dalla versione in vinile, ed uno di essi, Nibelungen, rappresenta beffardamente il top del disco. Nibelungen, guarda caso, è una canzone cantata a cappella, ed è il primo approccio ad una delle sue più profonde interpretazioni concertistiche future, ma di questo diremo poi, oltrechè il primo riferimento diretto al suo retroterra culturale, il quale, già dal disco successivo, si ripresenterà in modo ancor più significativo.

A questo punto non mi resta altro che essere banale, perchè il seguente “Desertshore” (Reprise, 1970) è indubbiamente il punto più alto raggiunto dalla sua arte, come vogliono i molti che non riconoscono la superiorità di “The Marble Index”. Il disco, ridimensionato John Cale ad un giusto ruolo, si distingue per un maggior apporto dell`harmonium, ma anche per le atmosfere più misurate e scarne. Il recupero della lingua madre, in Abschied e Mütterlein, porta un ulteriore tocco di naturalezza e di maturità . Molto bella la conclusiva All That Is My Own, con la voce che si alterna in due livelli (cantato e recitato). Ma è soprattutto la delicatissima Afraid, solo voce e pianoforte, a restare per sempre nel cuore (Antony l`ha recentemente riproposta nei suoi concerti in solitudine). Affascinante anche l`ulteriore dedica al figlio, My Only Child, cantata quasi a cappella e seguita da un frammento, Le Petit Chevalier, intonato dallo stesso Ari.
Due titoli sono tratti dalla colonna sonora de “La Cicatrice Intérieure” di Philippe Garrel (1970), film che inaugura un lungo rapporto fra il regista francese e la Nico attrice (quello con la Nico musicista, al pari di quello con la Nico donna, era già iniziato nel precedente “Le Lit de la vierge” del 1969). Questo menage artistico durerà per tutto il decennio con i film “Athanor” (1972), “Les Hautes solitudes” (1974), “Un ange passe” (1975), “Le Berceau de cristal” (1975), “Voyage au pays des morts” (1976) e “Le Bleu des origines” (1978), e infine, con Nico di nuovo nel ruolo di musicista, in “Elle a passè tant d'heures sous les sunlights” (1984).
Una curiosità : nel 2002 “Les Hautes solitudes” verrà proiettato in un locale di Tokyo e sonorizzato in tempo reale dal trio Otomo Yoshihide, Taku Sugimoto e Sachiko M, il risultato di questo esperimento è stato pubblicato in un bellissimo CD con lo stesso titolo del film(nel 2002 su Out One Disc).

Nella “Peel Session” del 1971, oltre alle due canzoni già citate, furono eseguite anche Janitor Of Lunacy, da “Desertshore”, e una Secret Side che soltanto tre anni dopo fu possibile ascoltare nella versione di studio. Tanti sono gli anni che trascorsero prima della pubblicazione di un suo nuovo disco.
Il rapporto con i vecchi compagni dei Velvet Underground non era comunque mai terminato, abbiamo già visto come John Cale collaborasse ai suoi dischi, e anche quello controverso con Lou Reed ebbe degli strascichi; c`è almeno una registrazione bootleg del 1970 proveniente da una camera d`albergo di New York a dimostrarlo.da_La_Cicatrice_Intérieure Questi intrecci sfoceranno in una mancata riunione dei Velvet Underground consumatasi, nell`anno 1972, presso il locale parigino Le Bataclan. Sul Palco c`erano soltanto Nico, Cale e Reed, ed i tre eseguirono materiale tratto sia dal vecchio repertorio del gruppo sia dai loro dischi solisti. Quel materiale, sicuramente prescindibile, è finito nel 2003 su un CD semi-ufficiale (Cadiz Music) dopo aver circolato per anni su bootleg. La data parigina è comunque importante perchè segna idealmente l`effettivo, e definitivo, ritorno dell`artista in Europa, con numerosi cambiamenti anche dal punto di vista musicale.
Da Parigi, seguendo i vecchi percorsi ormai conosciuti, Nico si sposta a Londra dove, nel 1974, avvengono i fatti principali di un decennio sicuramente povero (almeno per quanto riguarda la sua produzione discografica).
Innanzi tutto c`è il breve rapporto sentimentale con Kevin Ayers, che sfocia nella collaborazione musicale in un brano del disco “The Confessions of Dr. Dream and Other Stories”; Irreversible Neural Damage è il titolo del brano, e si dice che i due, per rendere più credibile l`atmosfera, abbiano duettato distesi nel pavimento mentre bevevano tequila... e c`è da crederci. Il disco dell'ex Soft Machine uscì a Maggio su Island, e il primo Giugno la nuova accoppiata salì sul palco del Rainbow, insieme a Brian Eno e John Cale, per un memorabile concerto collettivo che, solo quattro settimane dopo, venne in parte pubblicato nello storico album “June 1, 1974” (Island). Sul palco c`erano anche, come accompagnatori, Ollie Halsall, Mike Oldfield, Rabbit, Robert Wyatt, Archie Leggatt, Eddie Sparrow e le coriste Irene Chanter , Doreen Chanter e Liza Strike.
Nico eseguì sicuramente una versione dell`inno nazionale tedesco Das Lied der Deutschen e una della doorsiana The End, ma solo quest`ultima, interpretata con uno scarno accompagnamento di harmonium e di sintetizzatore (Brian Eno) finì nel disco.con_Brian_Eno_Kevin_Ayers_&_John_Cale E` questo il primo omaggio a Jim Morrison - dopo la morte, chè prima sembra avesse ricevuto omaggi di tutt'altro tipo - e da quel momento innanzi il brano verrà praticamente riproposto in tutti i concerti.

Le due canzoni, nella versione di studio, faranno poi parte del bellissimo “The End”, uscito su Island nel Novembre dello stesso anno. Alla realizzazione del disco parteciparono Phil Manzanera, Brian Eno, John Cale e le coriste Vicki e Annagh Wood.
La versione di The End è sicuramente inferiore a quella dei Doors, ma è comunque ottima, con Nico che trasforma la sensualità dell`interpretazione morrisoniana in agghiacciante imperturbabilità . Ma ci sono anche altre canzoni notevoli, come Secret Side (già sentita nello Show di John Peel), You Forget To Answer (in stile chiaramente pre-Joy Division), Innocent And Vain e Valley of The King, che in seguito saranno elementi fissi nelle scalette dei concerti.
“The End”, oltre a rappresentare materialmente il ritorno di Nico in Europa, ammesso che dall`Europa si sia mai allontanata, è anche uno spartiacque fra la prima parte della sua carriera musicale e la seconda. I dischi di questo primo periodo sono stati tutti ristampati in CD. I due brani del primo singolo li potete trovare in una compilazione intitolata “The Classic Years” (Chronicles, 1998), molto ben fatta, che contiene anche i tre brani che aveva cantato nel primo disco dei Velvet Underground (di All Tomorrow's Parties è inclusa la versione più breve uscita su singolo), quattro brani da “Chelsea Girl”, quattro brani da “The Marble Index” (fra cui la Nibelungen presente solo nella versione in CD), tre brani da “Desertshore” e tre brani da “The End”.

Sembra ci sia qualcosa di magico nella circostanza che portò Nico ad iniziare la seconda parte della sua carriera musicale negli stessi luoghi in cui aveva mosso i primi passi, come fotomodella, e dove terminerà infine il suo ciclo vitale: Spagna e Germania... Germania e Spagna.... Questo periodo, praticamente limitato agli anni Ottanta, rappresenta un momento di confusione, per la produzione discografica, già di per sè (con la stessa canzone riproposta in una pletora di versioni su album, su singolo, su EP, su Remix, su compilazioni miste, in varie versioni dal vivo e in numerose antologie), ma nel caso di Nico questa confusione precipita nel caos più incontrollato. Va comunque considerato che in quegli anni l'artista stava uscendo, a malapena integra, da un tunnel in cui era precipitata per il troppo abuso di sostanze `chimiche`.
Verso la fine degli anni Settanta, tanto per restare in tema, partecipò alla registrazione di “Vuelo QuÖmico” (Harvest, 1978) degli spagnoli Neuronium, un gruppo orientato verso la kosmische musik, e proprio allo scadere del decennio si fece accompagnare in tour da Lutz Ulbrich, ex Agitation Free, e un frammento di questa collaborazione (bootleg esclusi) è stato tramandato in un disco pubblicato dal chitarrista tedesco su etichetta GeeBeeDee (“Lüül”) nel 1981.
Vuelo QuÖmico è un lungo brano con la voce della `schwarze frau` che declama versi da Ulalume di Edgar Allan Poe (2).
La mia copia in CD di “Lüül” sventola in copertina la targhetta `Featuring Nico`, e lo fa a ragione, perchè quella cantata dalla `femme fatale` è una delle poche canzoni valide all`interno di un disco, nel complesso mediocre, che possiamo classificare all`interno della cosiddetta `neue deutsche welle` e che, in alcuni momenti, fa pensare al nostro Faust`o. Quella cantata da Nico, Reich der Träume, è una ballata semiacustica resa splendidamente da una voce distesa, pacata, solenne e mai così mitteleuropea. Oltre ad essa salverei un`altra inquietante ballata, High Society Tingel Tangel, e il trascinate elektro-rock Baby Baby Baby, che ha però il difetto di assomigliare a troppe altre cose già sentite.
Dalla kosmische musik alla new wave il passo fu quindi quasi obbligatorio, tanto più se pensiamo che molti musicisti della `nuova onda` la elessero a loro icona: Joy Division, Bauhaus e Siouxsie in primis (da questa definizione di 'icona' derivò sicuramente la falsa idea, propagandata da qualcuno, secondo la quale anche il nome Nico era tratto dall`anagramma di icon).

E nel 1981 uscì anche il primo capitolo, palesemente in stile new wave, di questa nuova fase musicale.
“Drama Of Exile” rimane, in tutti i sensi, il suo disco più controverso: sia per quanto riguarda i contenuti sia per quanto riguarda le vicende che si svolsero intorno alla sua pubblicazione. Nico era tornata in uno studio di registrazione su esortazione, e sotto la direzione, del musicista corso Philippe Quilchini. I due radunarono un gruppo di strumentisti piuttosto eterogeneo: il chitarrista Mahammad Hadi, algerino, il sassofonista Davey Payne e il tastierista Andy Clarke, inglesi, e il batterista / percussionista americano Steve Cordona. Il disco fu dato all`etichetta Aura, ma Quilchini trafugò i nastri ancor prima che il missaggio fosse terminato, scontento forse dei risultati o, ancor più verosimilmente, dell'aspetto economico. Ne nacque una disputa legale, al termine della quale la Aura rientrò in possesso dei nastri e pubblicò il disco, mentre Quilchini e Nico tornarono in studio per effettuare una sua totale ri-registrazione. La nuova versione, che differiva per i musicisti utilizzati (non c`era il sassofonista Davey Payne e, al suo posto, c`erano J.J. Johnson alla tromba e percussioni, Gary Barnacle al sassofono e Thierry Matiozek al violino) e per la scaletta dei brani (al posto di Purple Lips c`erano Saeta e Vegas), fu pubblicata soltanto nel 1983 dalla Invisible Records, con il titolo cambiato in “The Drama of Exile”, e alla fin fine risultò essere migliore, in linea di massima, del prototipo che era stato contestato.con_Philippe_Quilchini Si trattò di una piccola rivincita per il bassista-produttore, ma una incredibile coincidenza volle che Quilchini perdesse la vita, in un incidente d`auto, proprio in concomitanza con la nuova pubblicazione. Il titolo del disco, voluto da Nico per designare il dramma della sua vita randagia, finì così per rappresentare un dramma legato alla sua stessa gestazione.
“Drama of Exile” è, insieme a quello d`esordio, il suo lavoro più criticato, a causa di una presunta banalità rock, ma non se lo merita perché, considerate le sue traversie, è riuscito fin troppo bene. Non c`è traccia, chiaramente, dell`harmonium, e le atmosfere gotiche sono relegate al solo timbro della voce. I ritmi marcati e torridi lasciano però intravedere, al di là della prevedibilità new wave, coraggiose e intricanti influenze arabo-mediterranee. Canzoni come come Genghis Khan, Purple Lips, One More Chance, Sixty Forty, Orly Flight e The Sphinx (dedicata ad Andreas Baader) sono ottime, e finiranno per fare da ossatura alle scalette dei concerti. Accanto alle scritture originali ci sono anche le riletture di I`m Waiting For The Man di Lou Reed e Heroes di David Bowie (che, secondo Nico, gli autori avevano scritto per lei).
Un`altra piccola etichetta, la Flicknife, pubblicò, subito appresso all`album, uno splendido singolo con Saeta e Vegas, due canzoni che rappresentano il capolinea della collaborazione con Quilchini. Vegas riproponeva quella atmosfere gotiche tanto care al suo pubblico e, in un momento in cui la gloria dei Joy Division si stava già consumando insieme al corpo di Ian Curtis, mostrava chiaramente quanto fosse profondo il suo ascendente sulla cosiddetta `dark wave`.
Nel 1982 la ½ Records pubblicò invece il singolo Procession / All Tomorrow`s Parties, prodotto da Martin Hannett e con l`accompagnamento degli Invisible Girls (il disco uscì anche in versione EP, con aggiunti due brani registrati dal vivo e già editi in una cassetta della ROIR di cui ci occuperemo più avanti).
E` facile constatare come ci fu un recupero, ad anni di distanza, del periodo trascorso con i Velvet Underground. Ma forse si trattò di un riciclaggio calcolato, e suggerito, da parte dei vari personaggi che in quel momento la circondavano, poichè è indubbio che il gruppo di Lou Reed stava vivendo in quegli anni il suo momento di più grande celebrità .

La ristampa di tutto questo materiale in CD è ancor più caotica. “Drama Of Exile” è stato ripubblicato numerose volte, sia nella prima che nella seconda versione, e anche in veste remixata, ma l`unica ristampa che contiene tutti gli undici brani scaturiti dalla collaborazione con Quilchini, quindi l`ellepì della Aura e il singolo della Flicknife, è un doppio CD della Castle Music intitolato “Femme Fatale” e sottotitolato “The Aura Anthology”. E` un disco che si distingue per la negligenza con cui è stato curato, con riportato nel libretto un inutile montaggio di articoli dai giornali e nessuna nota sulle registrazioni e/o sui musicisti presenti. L`immagine scelta per la copertina, poi, è eguale a quella di un doppio disco dal vivo che venne pubblicato nel 1986 su etichetta Dojo (“Behind The Iron Curtain”). Per aumentare la confusione, il secondo CD racchiuso nella ristampa non contiene affatto il disco dal vivo del 1986, ma un disco tratto da un concerto dato nel 1985 alla Chelsea Town Hall di Londra, intitolato originariamente “Chelsea Live” e pubblicato postumo nel 1992 dall`etichetta Great Expectations (negli USA il disco, per aumentare ulteriormente la confusione, era stato pubblicato dall`etichetta Cleopatra con il titolo di “Chelsea Girl / Live” e una copertina diversa).da_Un_ange_passe Si tratta, comunque, di un ottimo concerto in cui Nico è accompagnata da musicisti piuttosto validi: Henry Laycock, Martin Hennan, Dick Harrison, Graham Dids e Andy Diagram (il trombettista di The Honkies e Two Pale Boys).
Ma non è finita, perchè è uscito un altro CD, su Jungle Records, intitolato egualmente “Femme Fatale”; questo raccoglie il materiale che era stato pubblicato dall`etichetta ½ Records, cioè il singolo di cui abbiamo già detto e una cassetta registrata dal vivo fra Amsterdam, Londra e Copenaghen, nel 1982 / 1983, intitolata “En Persone En Europe”. In quest`ultimo CD ci sono anche i due brani dal vivo inseriti nella versione EP del singolo, i quali non provenivano però dalla cassetta di cui abbiamo appena detto ma da un`altra cassetta pubblicata dalla ROIR, nel 1982, e intitolata “Do Or Die!” (che conteneva brani registrati in concerto a Bologna, Rotterdam, Copenaghen, Londra e Amsterdam, più un brano da una session radiofonica londinese).
Pure la cassetta ROIR è stata infine ripubblicata, come CD, in più edizioni. Chiaramente i brani erano, più o meno, sempre gli stessi, ma la cassetta ROIR si distingueva perchè conteneva la prima versione, fra quelle ascoltabili su disco, di All Tomorrow`s Parties cantata a cappella. Un`altra particolarità della cassetta ROIR stava nell`origine di una serie d`inesattezze, nella stesura dei titoli, che accompagnarono da quel momento quasi tutte le sue pubblicazioni dal vivo (la canzone riportata come Abschied è in realtà Innocent And Vain).
Anche gli accompagnatori erano più o meno sempre gli stessi e si dividevano fra i Blue Orchids degli ex-Fall Martin Bramah e Una Baines, i Samarkand di Mahamad Hadi e gli Invisible Girls (si tratta del gruppo che accompagnava Pauline Murray dopo lo split dei Penetration e che era legato al produttore Martin Hannett).

Ci fu una produzione massiccia, quindi, caotica e fin troppo esagerata. Questo caos si spiega sicuramente come risultato della popolarità raggiunta dalla cantante nel periodo New Wave, per cui più o meno tutti cercarono di approfittare di quella che era diventata una gallina dalle uova d`oro (il mondo è pieno di figli di buona donna), ma anche con la sregolatezza di un personaggio assolutamente non in grado di gestirsi.
Le collaborazioni con i musicisti new wave che l`avevano eletta a loro icona, almeno quelle documentate, si esaurirono invece in una versione dal vivo di I`m wating for my man, reperibile in un EP dei Bauhaus che conteneva anche il loro rifacimento della Ziggy Stardust di David Bowie.
Ci sarebbe, infine, il duetto tardivo con Marc Almond nella bellissima Your Kisses Burn, sul disco “The Stars We Are”, che uscì immediatamente dopo la sua morte (settembre 1988). Questa canzone ha un particolare valore perché, incisa nel Giugno del 1988, dovrebbe essere l`ultima sua registrazione di studio. Si tratta di un pop orchestrale che, qualora realizzato da chiunque altro, sarebbe risultato un`emerita porcata, ma Almond (spero siate d`accordo con me) è un musicista con una marcia in più.
Esistono anche numerosi video di questo periodo, tutti confermano l`idea di una `assenza` da parte del suo corpo, di una sua estraneità a quanto le sta accadendo intorno e a quanto lei sta cantando, idea che già balena in mente guardando le vecchie riprese di Andy Warhol.

Superato questo momento, di caos e totale negligenza, sembrò tornare finalmente un minimo di ordine, e la prima avvisaglia fu un singolo con i brani My Funny Valentine e My Heart Is Empty, (Giugno 1985), seguito immediatamente dall`album “Camera Obscura”, (Giugno 1985), che conteneva anche i due brani del singolo: entrambi furono pubblicati su etichetta Beggars Banquet.con_Marc_Almond L`elemento più positivo stava nella formazione di un gruppo che suonava nel disco e che l`accompagnò, con qualche piccola variazione nei componenti, nei concerti dati da quel momento fino alla morte. Il disco è prodotto da John Cale, che canta nella canzone eponima, mentre in due brani è possibile udire anche la tromba del vecchio Ian Carr. Per il resto il gruppo, The Faction, è molto scarno, con solo tastiere e percussioni (James Young e Graham Dids). Si tratta di un palese ritorno alle atmosfere di “Desertshore”, anche se con un afflato leggermente più ritmico, e si avverte anche il recupero di certe sonorità pre-wave tedesche, come in My Heart Is Empty. Bellissima è la versione di My Funny Valentine, ed è la prima volta che Nico si cimenta con un classico di questa portata, e bellissime sono anche Das Lied Von Einsanen Mädchens (un`altra cover, di Werner Heymann e Robert Gilbert) e König (entrambe cantate in tedesco, la lingua che più le si addice).

Dopo l`uscita dell`album ci furono una serie di concerti, dai quali vennero tratti dei dischi.
“Nico In Tokyo” uscì nel 1986 in Giappone su etichetta Portrait e in Europa l`anno successivo (con un brano in meno: Win A Fiew da “Camera Obscura”) su etichetta Dojo. E` un disco bellissimo, commovente fino a strappare le lacrime, ed è, accanto a “Desertshore”, il punto più alto della sua discografia. Il disco più saccheggiato è naturalmente “Camera Obscura”, con quattro brani (My Heart Is Empty, Tananore, My Funny Valentine e Das Lied Von Einsanen Mädchens), ma ci sono anche canzoni di vecchia data: Purple Lips e Sixty Forty (da “Drama Of Exile”), You Forget To Answer e The End (da “The End”), Janitor Of Lunacy (da “Desertshore”), All Tomorrow`s Parties, cantata a cappella, e Femme Fatale (da “Velvet Underground & Nico”). Nella mia copia in LP (quella su Dojo) la lista dei titoli riporta Das Lied Von Einsanen Mädchens e All Tomorrow`s Parties invertiti rispetto alla loro reale successione.
“Behind The Iron Curtain” (Dojo 1986) è invece un doppio LP, registrato in concerto fra Varsavia, Praga e Budapest, minore rispetto all`altro a causa della presenza di un ulteriore musicista alla batteria, Toby Toman, che in alcuni momenti appesantisce un po` il suono, ma si tratta pur sempre di un buon disco. La particolarità più evidente è che per l`unica volta, almeno così mi risulta, Nico viene accreditata nella lista dei musicisti come Christa Päffgen. I titoli delle canzoni sono invece zeppi di errori: la nuova All Saints Night è riportata come All Saints Night from A Polish Motorway; One More Chance è, in realtà , Procession; Frozen Warnings è Secret Side; Tananore è riportata come Tananoori; Das Lied Von Einsanen Mädchens è riportata con il titolo inglese The Song Of the Lonely Girl. La versione in CD contiene quattro brani in meno: Fearfully In Ranger, The End, My Funny Valentine e Sixty Forty. E` questo il disco la cui copertina verrà poi riutilizzata, anni dopo, per il doppio CD “Femme Fatale: The Aura Antology” di cui abbiamo già scritto.

Sono gli ultimi bagliori prima della morte e, come già accennato, è perlomeno misterioso il fatto che gli ultimi atti abbiano avuto gli stessi scenari degli inizi: un concerto finale a Berlino, il film “Ballhaus Barmbek” sotto la regia di Christel Buschmann (sempre in Germania), la caduta di bicicletta ad Ibiza (dove stava vivendo l`ultima storia d`amore con John Cooper Clarke) e la sepoltura in un piccolo cimitero, ancora nei pressi della capitale tedesca.
Direi di soprassedere sulla paccottiglia e sulle speculazioni postume, alle quali sono contrario quasi in assoluto, con l`unica eccezione del materiale registrato durante l`ultimo concerto, vuoi per il valore storico che per quello sentimentale. Alcune di quelle registrazioni apparvero per la prima volta nel CD postumo “Hanging Gardens” (Restless, 1990), si trattava di una mezza fregatura che miscelava questi brani con alcune cose tratte da vecchi singoli e che fu fatta passare come il suo ultimo disco di studio. Poi, quattro anni dopo, il concerto trovò sistemazione definitiva nel CD “Nico's Last Concert - Fata Morgana” (SPV Recordings). Il disco è piuttosto bello, senza strafare, ma soprattutto è veramente ben curato, con all`interno una biografia, una filmografia e una discografia (naturalmente concentrate sulle opere e sui fatti di maggior rilievo).

La mia esposizione potrebbe terminare qui, se non fosse che la sua morte, che ha chiarito tanti misteri, ha lasciato per me un mistero irrisolto.
Nella seconda metà degli anni Ottanta mi ero preso la briga (...e di certo il gusto) di sostenere come potevo l`azione legale che Jello Biafra stava portando avanti, contro il governo americano, sulla nota questione del poster firmato dall`artista svizzero H.R. Giger, allegato a Frankechrist, che la censura aveva ritenuto pornografico. E il mio piccolo aiuto consisteva nel comprare tutti quei dischi i cui incassi erano destinati alla battaglia del grande Jello (battaglia che, grazie anche all`aiuto di tanti poveri cristi come me e di numerosissimi artisti, venne infine vinta). Fu così che, alla fine del 1987 circa, misi le mani su “Censorship Sucks!” - Jello Aid”. Si trattava di una compilazione, a cui partecipavano vari gruppi inglesi, messa in vendita proprio allo scopo di raccogliere soldi per il comitato che stava appoggiando la battaglia di Biafra, c`erano dentro The Pastels, The Cateran, The Shamen, The Membranes, The Primevals, The Palookas, Dog Faced Hermans (il vecchio gruppo di Andy Moor)... insomma molti gruppi della scena indipendente inglese e, fra essi, c`erano gli a me sconosciuti Househunters. Questi Househunters facevano un pezzo intitolato J`t accuse, praticamente una cover della Je t`aime... di Serge Gainsbourg con il testo cambiato, e la scelta era quanto mai felice perchè Je t`aime... era stata a suo tempo censurata come oscena.
C`era, in quella canzone, una voce femminile che assomigliava molto a quella di Nico, e io pensai che magari poteva essere lei e il gruppo un prestanome per musicisti che, per qualche motivo, non potevano, o non volevano, apparire, tanto più che nelle note di copertina non era riportato alcun nome. Poi Nico è morta e con il passare degli anni ho dimenticato quella storia, anche perché, se quella fosse stata veramente lei, dopo la sua morte la cosa sarebbe dovuta venir fuori. Preparandomi a questo articolo mi sono ricordato di quel fatto ed ho fatto delle ricerche. Così ho trovato, in un sito dedicato ai Television Personalities, qualcosa di più preciso sugli Househunters: si trattava di un gruppo guidato dall`ex Swell Maps, e poi anche nei Television Personalities, Jowe Head. Il gruppo ha anche inciso un album e alcuni singoli, ed il nome dei componenti è riportato in questo sito, anche se l`idea continua ad essere quella di pseudonimi. Infatti quei nomi, facendo ulteriori ricerche su internet, non esistono da nessun altra parte.
Comunque, anche con l`ausilio di un ascolto odierno `a freddo`, è molto improbabile che si tratti di Nico, seppure in alcuni punti gli assomigli in modo veramente incredibile.
Ma a me piace pensare ancora che sia lei... o il suo spirito girovago che, presagendo la fine, si è trasferito su un`altra persona, alla quale ha poi giocato brutti scherzi durante la modulazione della voce...
...ma forse ho visto troppe volte “Il tocco del male”.
E chissà se Nico, quando frequentava Brian Jones, ha mai cantato `ti-i-i-i-i-ime is on my side, yes it is....`.


(1) In “Musica da non consumare” di Riccardo Bertoncelli e Franco Bolelli sta scritto: `Mitomane quanto basta per attribuirsi una relazione con Bob Dylan, un figlio da Alain Delon, `contatti particolari` con Jim Morrison in questa e nell`altra vita...

(2) Neuronium era un trio tardo-progressive, associabile per certi versi agli ultimi Tangerine Dream, capitanato da Michel Huygen e che aveva una strumentazione composta praticamente soltanto da sintetizzatori (ad esclusione di qualche intervento di flauto e chitarra). “Vuelo Quimico” è il loro secondo disco e la partecipazione di Nico a un disco così intitolato, stando anche a quello che la storiografia riporta come uno dei sui hobby preferiti di quegli anni, assume una luce quasi `fatale`... d'altra parte non era proprio lei la `femme fatale`!!! La sua presenza è comunque costretta in uno dei tre brani del disco, quello che gli da il titolo, e la sua voce si limita a recitare un testo di Edgar Allan Poe in tre tranche situate, più o meno, all`inizio, a metà e a fine brano. Il suo intervento, come al solito, è molto suggestivo, ma i due minuti scarsi in cui è udibile non sono certo sufficienti a personalizzare una maratona di quasi quattordici minuti qual è Vuelo Quimico. Hanno quindi il sopravvento le linee sontuose dei synth e gli interventi di un coro, per una di quelle sinfonie sintetiche dai caratteri spaziali che, personalmente, non ho mai digerito più di tanto. Va però detto che, fra le tante espressioni del tardo progressive (e anche fra quelle del primo), i Neuronium non erano certo fra i peggiori, ed è particolarmente intrigante quel loro essere spagnoli che è avvertibile in più frangenti della loro musica. “Vuelo Quimico” è stato ristampato dalla Rama Lama Music in un doppio CD che contiene anche il primo disco del gruppo (“Quasar 2C361”) ed è reperibile presso i migliori rivenditori che trattano il progressive.


Fra i numerosi siti a lei dedicati, o che le dedicano larghi spazi (chiaramente non li ho visti tutti e, ve lo assicuro, c`è da sbizzarrirsi), consiglio di visitare i seguenti:

smironne - questo è fatto veramente bene, molto ordinato e con notizie piuttosto dettagliate sui singoli dischi. E` diviso in sezioni, con una filmografia e una galleria fotografica del periodo in cui lavorò come modella (fra l'altro posò per le copertina dei dischi "Moon Beams" di Bill Evans e "Blues Is A Woman Gone" di Casey Anderson e per quelle di alcune riviste italiane come "Tempo", "Vie Nuove" e "Mascotte Spettacolo").

RaFuchs - per quanto sono riuscito a vedere qui c`è una delle sue discografie più complete.

wharolstars - numerose notizie sulla Factory di Andy Wharol.

answers - è molto caotico, però ci sono i link per le sue più complete filmografie.



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