`New York - St. Johann´ // `Aural Vertigo´

Autore disco:

ReDDeer // Sestetto Internazionale

Etichetta:

Evil Rabbit Records (NL) // Amirani Records (I)

Link:

evilrabbitrecords.eu
www.amiranirecords.com

Formato:

CD

Anno di Pubblicazione:

2017

Titoli:

1) Barbed 2) Frontman 3) Drip 4) Drop Off 5) The Attic 6) Bridged 7) Tight Tangle 8) This Is... 1) Aural 2) Vertigo

Durata:

53:29 // 77:10

Con:

Fay Victor, Elisabeth Harnik, Dominic Lash // Harri Sjöström, Gianni Mimmo, Alison Blunt, Achim Kaufmann, Veli Kujala, Ignaz Schick

utili connessioni internazionali

x filippo piccoli (no ©)

Questi due ensemble, un sestetto e un trio, hanno un`identità internazionale, nominalmente il primo e di fatto entrambi.
Il Sestetto Internazionale è costituito da due finnici (il sassofonista Harri Sjöström e il fisarmonicista Veli Kujala), due tedeschi (il pianista Achim Kaufmann e il manipolatore elettroacustico Ignaz Schick), un italiano (il sassofonista Gianni Mimmo), e un`inglese (la violinista Alison Blunt). ReDDeer è invece un trio del quale fanno parte la pianista austriaca Elisabeth Harnik, il contrabbassista inglese Dominic Lash e la cantante statunitense Fay Victor.
Trovo che questo tipo di formazioni offrano più d'un motivo d'interesse. Innanzi tutto ne escono arricchiti sia la musica sia i singoli musicisti. In secondo luogo si amplificano le possibilità di fare concerti e si può raggiungere un pubblico più ampio. In terzo luogo, in un momento in cui le nazioni del mondo sembra vogliano racchiudersi in se stesse, credo che questo tipo di esperienze assumano, seppure inconsciamente, un loro importante significato anche sotto i profili politico e sociale.
I due ensemble sono accomunati anche da altri elementi: Mimmo e la Harnik, ad esempio, condividono un`esperienza comune (insieme alla violoncellista svizzera Clementine Gasser) all`interno del Wild Chamber Trio. Inoltre i due dischi hanno la caratteristica comune di contenere registrazioni provenienti da due concerti diversi: New York e St. Johann (in Austria) per quanto riguarda il disco dei ReDDeer e due località della Finlandia (Helsinki e Turku) nel caso del Sestetto Internazionale.

Non so cosa abbiano a che fare i ReDDeer con il cervo da cui prendono il nome, ma la loro musica ha sicuramente qualcosa a che fare con la ramificazione tipica delle corna di quel mammifero. I due strumentisti si calano nella storia della moderna musica improvvisata europea: il pianismo che va da Keith Tippet a Irene Schweizer e l`arte dei contrabbassisti John Edwards e Barre Phillips (che europeo non è ma è come se lo fosse, visto che in Europa ha svolto buona parte della sua attività ). Fay Victor è sicuramente sensibile verso il lavoro svolto dalle varie Meredith Monk, Cathy Berberian, Jeanne Lee, Maggie Nicols e Patty Waters, lavorando intorno al suono delle sillabe e delle parole, intorno al ritmo del linguaggio, e inventando idiomi propri. I tre vanno comunque oltre, usando spesso gli strumenti in modo percussivo, non tanto perchè ne traggono suoni molto ritmici quanto perchè li suonano come fossero oggetti da percuotere. Altrove vince l`idea opposta, quella di suoni lunghi e continui. Ma è soprattutto nei riferimenti alle tecniche dei moderni dj, in particolare nella balbuzie di alcune parti, che i tre sembrano volersi spingere avanti, verso un futuro incerto e ignoto ma ricco di promesse.

A differenza del disco precedente in “Aural Vertigo” il nome del gruppo è di una concretezza spietata mentre appare inintelligibile il rapporto fra il titolo del disco e l`omonima sindrome vertiginosa, se pure possa far pensare a un senso di disequilibrio creato dal vortice degli intrecci strumentali.
Il sestetto mi ha fatto pensare, forse per la presenza del manipolatore di suoni Ignaz Schick in entrambe le situazioni, al gruppo Phosphor attivo una ventina d`anni fa. In quel caso il collettivo voleva rappresentare una sorta di soviet supremo della scena berlinese mentre questo sestetto, come fatto già notare, raccoglie stimoli un po` in tutta Europa. Il vortice primario è creato dalla contrapposizione fra le due tipologie di strumenti aerofoni, i due sassofoni da una parte e la fisarmonica dall`altra. La stessa contrapposizione mi sembra dividere il pianoforte, dove il suono delle corde è mediato da una tastiera, dal violino. Il quinto polo è rappresentato dalla tipica apparecchiatura per dj di Ignaz Schick. Il sestetto, strutturalmente, sembra così racchiudere una storia globale attraverso strumenti utilizzati nel jazz come nella musica classico-sinfonica, nella musica popolare da ballo come nelle bande militari, e infine nella moderna musica da discoteca e/o da rave party. Un insieme così complesso di sonorità , una globalizzazione sonora che ha probabilmente eguali solo negli ensemble più avventurosi della creative music, ad esempio nella Company, una vertigine auricolare, per l`appunto, che sulla carta sembrerebbe difficile da dominare (e forse lo è davvero), è infine ridotta a un magma sobrio che, seppur futuribile, non manca di cercare e trovare richiami e credibilità in un groviglio radicale che, all`incontrario dei corni del cervo, non si libra in aria ma è profondamente piantato nel terreno. “New York - St. Johann” e “Aural Vertigo”, in tal verso, appaiono come due dischi speculari.


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Data Recensione: 21/3/2018
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