“WE3” è uno di quei dischi che ancor prima di ascoltarli sai cosa ti aspetta ma, nonostante ciò, finiscono egualmente per stupirti.
La formazione è un trio, come lascia intendere il nome, che negli ultimi 2 brani del disco si inciccia prima a quintetto (con l’aggiunta di Riccardo Luppi al sax tenore e di Simone Quatrana al piano) e infine a quartetto (con il solo Quatrana come ospite).
Perché sappiamo cosa ci aspetta?
Logica vuole che se un gruppo si dice ispirato dal fantastico The Trio (Surman, Phillips & Martin), ciò nell’interno di copertina, e ha in scaletta un brano di Sun Ra (in doppia versione per trio e quintetto, oltre a un’impro finale intorno allo stesso tema) chiarisce a priori dove andrà a parare. Però, come ben sappiamo, fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare o meglio, visto che nel nostro caso è coinvolto Sun Ra, i pianeti e le stelle.
Bene, Chiapperini, Pissavini e Grasso superano anche le più rosee aspettative e, pur senza essere pedissequi imitatori, restituiscono alla perfezione quel jazz dilatato, sospeso nel tempo e nello spazio, che guardava oltre, alla psichedelia e alle sonorità cosmiche e spaziali. Un jazz che portava intrinseca l’utopia di equipe senza leader e senza gregari. Un po’ come avveniva nel calcio con gli arancioni d’Olanda.
S’era negli anni Settanta, ma il tempo sembra non essere trascorso, sia perché già gli originali suonano ancor giovani e pur’anche perché Chiapperini & Co immettono nelle loro esecuzioni il fuoco e la freschezza tipici delle cose senza tempo. Gli WE3 ci fanno credere che quelle utopie non erano tali bensì erano e sono realtà tangibili. Forse c’è un futuro anche per il comunismo.
|