Se non li conosci puoi facilmente scambiare gli alessandrini Hattorihanzo per uno di quei combi nichilisti votati alla triturazione del suono mediante attacchi ferali di punk-rock senza compromessi. Un`idea in cui è facile cadere una volta letto il titolo scelto per questa loro prima uscita, interamente autoprodotta, oppure andando a constatare l`origine del nome con cui la band si è battezzata, e che porta diritti al leggendario Hanzō Hattori, condottiero nipponico ed esperto maestro ninja vissuto intorno al 1500. Una psiche irrazionale investe i testi, cantanti con voce particolarmente strafottente e un pelo bluesy da un Dipax accerchiato in prevalenza da cromature garage `n` sixties con un debole collaterale per l`hard-core melodico altezza West Coast (Se io faccio Godzilla tu mi hai il Giappone?, Plancton) ma che sfortunatamente hanno il vizio di regredire spesso allo stato di melodiche canzoncine indie-pop all`acqua di rose, piuttosto sempliciotte come nel caso di Qui è già Buio. Non mancano attimi più plasticosi dove un basso perpetuo e metronomico si lascia attraversare da scariche ballabili di riff non distanti da certi in-estetismi punk funk (Trasparente, la chiusura electro di Dentro questo Nero in odore di Primal Scream). Procedendo, però, la stagnazione creativa incombe, visto che i Nostri non riescono proprio a superare quel semplice ibrido fatto di cocci post-punk, odiosamente educati, e indie-rock giovanilistico privo di una tangibile carica eversiva.
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