Non sembra essere il momento migliore per pubblicare la recensione di questo disco madornale. Il caldo, le ferie, il ritorno del covid, tutto sembra complottare per distogliere l’attenzione dei potenziali lettori. D’altronde non potevo rinviare ulteriormente, dato che è ormai da diverso tempo che “Rumpus Room” mi occhieggia da sopra la scrivania.
L’incontro fra il sax soprano di Gianni Mimmo e l’intonarumori di Luca Collivasone possiede tutti i crismi del disco epocale.
Collivasone può essere definito un novellino, è relativamente poco consistente la sua presenza nel mondo discografico, pure affronta quest’avventura con il piglio del musicista ultranavigato. Nello stesso momento presenta però il gusto effervescente dei frutti di nuova maturazione, dovuto al fatto che è un neofita pure in relazione a una collaborazione di questo tipo.
Gianni Mimmo, diversamente, è un musicista con alle spalle una considerevole discografia, un numero elevato di concerti e una rete diffusa di collaborazioni. La sua popolarità travalica ormai da tempo i confini nazionale e, in primo luogo, non è nuovo a simili escursioni fuori dal seminato (da intendere come in terra incolta, e quindi con un significato estremamente positivo). Voglio qui ricordare, a tal proposito, le collaborazioni con Xabier Iriondo. Il confronto con il cacophonator di Collivasone rappresenta per lui, comunque e nonostante ciò, un’esperienza nuova particolarmente stimolante. Oserei dire che “Rumpus Room” è per Mimmo quello che per Anthony Braxton era stato il “Time Zones” con Richard Teitelbaum.
L’approccio melodioso al rumore dell’uno e l’approccio lievemente dissonante alla melodia dell’atro trovano in questi appunti un punto d’incontro in perfetto equilibrio.
Sorprendente. Dischi come questo riconciliano con il piacere di ascoltare la musica.
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