Mi piacerebbe dire di questo disco che è un disco di musica contemporanea seppure, così facendo, di certo genererei una serie di incomprensioni a non finire. E allora dovrei specificare che con musica contemporanea non intendo quel genere musicale così categorizzato (quello dei Berio, dei Nono, degli Xenakis e degli Stockhausen), e neppure quella musica concepita e realizzata al presente (ascoltabile a iosa in qualsiasi canale televisivo o trasmissione radio). Con musica contemporanea voglio intendere una musica fatta di suoni contemporanei, che inquadra e contraddistingue il momento storico che stiamo vivendo, cosiccome lo fanno il telefonino, i social e matteorenzi.
Eppure si tratta di un musicista che viene da lontano, con pubblicazioni all`attivo già dagli anni Sessanta e poi approdato, dalla fine del decennio successivo, alla corte della Obscure di Brian Eno, che aveva in catalogo nomi di pasta fine come lo stesso Eno, Gavin Bryars, David Toop, Max Eastley, Michael Nyman e altri campioni della cosiddetta avanguardia inglese. Ma White pare distanziarsi da quei compagni di squadra.
Questi flash risalgono a un quindicennale racchiuso fra il 1980 e il 1995 e mostrano una logica tutta loro.
Flash, ho scritto, e tali sono anche quando nella loro pretesa, e non concessa, condizione di sinfonia si dilungano ben oltre i dieci minuti (trentotto l`11th).
Ma forse sarebbe meglio definirli giochi, e proprio questa loro natura ludica ne determina la modernità . In un`epoca in cui sembra che tutto venga annullato per ripartire da zero questa specie di primitivismo elettronico suona come fosse il primo passo giocoso del bimbo novo, cibatosi per l`appunto a social, selfie e sms.
Se fossimo stati alla fine dell`Ottocento forse White avrebbe seguito Gauguin verso un`isola selvaggia. Oggi che di tali isole non ce n`è più non ci resta che liberare la fantasia verso lo spazio. Chiudete gli occhi e abbandonatevi a questa musica in una immaginifica passeggiata sul suolo marziano.
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