Con la morte di Milford Graves (20 Agosto 1941 – 12 Febbraio 2021) si chiude definitivamente la storia della New Thing, della quale era stato, insieme a Ornette Coleman Albert Ayler e Cecil Taylor, uno dei più genuini esponenti.
Era quindi ora, devo dire, che arrivasse questa benedetta ristampa, anche se avrei preferito una riedizione in vinile conservativa dei formati originali. Il concerto di Yale del 1966 venne originariamente stampato in due LP prodotti privatamente dai musicisti, SRP Records (*) era il marchio, dei quali solo il secondo era stato ristampate una decina d’anni dopo dalla IPS (**) gestita da Graves e Andrew Cyrille. I due LP originali, intitolati rispettivamente “In Concert At Yale University” e “Nommo”, sono oggi praticamente introvabili o, nel caso facciano comparsa nelle bay dell’usato, reperibili a cifre esorbitanti.
Protagonisti del concerto sono due heroes del terremoto new thing, il pianista Don Pullen, scomparso già da 25 anni, oltre al leggendario batterista (spero per tutti coloro che leggeranno queste righe che siano riusciti a vederlo in concerto, in caso contrario si cerchino uo dei vari filmati che vanno girando su you tube). L’approccio percussivo di Pullen e quello tendenzialmente melodico di Graves rovesciano in parte le regole di quella che viene considerata la norma, creando una visione afro-centrica tesa alla definizione di nuovi modelli. L’occhio disincantato puntato sulle proprie radici e la ricerca interdisciplinare rivolta verso altre culture sono gli elementi distintivi di questo grande musicista (definito da John Zorn: «basically a twentieth-century shaman»), un uomo che trattava la batteria allo stesso modo in cui Jimi Hendrix trattava la chitarra, Eddy Merckx la bicicletta e Diego Maradona il pallone.
Purtroppo legato a questa ristampa c’è pure un motivo di forte inquietudine. Il CD è stato ricavato dai vecchi vinile dal momento che i nastri con le registrazioni originali sono andati smarriti. Inconcepibile!!! Ho sempre sostenuto a spada tratta le pubblicazioni prodotte dagli stessi musicisti, ma in questa occasione devo dire che, qualora i nastri originali fossero stati nelle mani di una qualsiasi casa discografica, difficilmente sarebbero stati persi.
La discografia di Graves è molto limitata, se solo paragonata allo spessore artistico del personaggio, e dato che la morte porta consiglio voglio sperare che qualche anima buona decida di mettere mano a una raccolta delle numerose registrazioni che sicuramente esistono.
A buon rendere.
(*) Self-Reliance Project
(**) Institute Of Percussive Studies
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