`Nut´
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una voce fuori dal coro |
x mario biserni (no ©) |
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L’olandese Fie Schouten è fra i maggiori esperti di clarinetto basso (o clarone), uno strumento dal suono scuro e notturno e allo stesso tempo caldo e avvolgente. Essendo uno dei tre strumenti suonati da Eric Dolphy, gli altri due erano il sax alto e il flauto, il clarone si è conquistato uno status di strumento culto presso una parte del pubblico che segue il jazz sperimentale e le musiche improvvisate in generale. La Schouten, che al clarone affianca a volte il corno di bassetto e il clarinetto contrabbasso, si è affermata in primis come interprete di autori classico-contemporanei di grande levatura (tra gli altri Kagel, Stockhausen, Wolff, Messiaen e Isang Yun) ma in seconda battuta pure di autori legati all’ambiente della musica improvvisata (Ig Henneman, Tobias Klein, Albert van Veenendaal e Guus Janssen). Sono queste ultime frequentazioni che l’hanno trascinata nei nostri sogni e fra le nostre braccia.
In queste registrazioni pubbliche affronta un repertorio legato a vari linguaggi della musica contemporanea, dal post-minimalismo alla musica spettrale, attraverso la lettura-esecuzione di brani firmati da Evan Ziporyn (Connect4), Ruud Roelofsen (On Intimacy IV ‘mozaiek’), Gérard Grisey (Anubis e Nout), Enric Raxach (Decade) e Hanna Kulenty (Top-Blow-Dance4).
I due titoli centrali la fotografano in completa solitudine; nell’occasione impegnata con il più ingombrante clarinetto contrabbasso che, comunque, governa con la maestria tipica degli addestratori nati. Il primo è un monologo discorsivo, con suoni compressi e qualche breve fraseggio, nel quale sfrutta soprattutto le possibilità offerte dal bocchino. Nout è invece una catena di suoni lunghi e dilatati, come in un sogno lucido alle soglie dell’alba.
In Decade di Enric Raxach, un compositore olandese di origini spagnole, il clarone è affiancato dalla fisarmonica di Marko Kassl. Il brano è molto vario e alterna oasi di pace con aperture più forti e convulse così come sottili movimenti di danza con delicate introflessioni, il tutto sottolineato da un dialogo sempre teso fra i due strumenti.
Ruud Roelofsen, l’autore di On Intimacy IV ‘mozaiek’, è un percussionista, e questo appare evidente dall’importanza che le percussioni di Bart de Vrees giocano nella struttura del brano, tutte (s)tese a sottolineare i glissando declamativi del violoncello di Eva van de Poll e del clarone della Schouten. Nell’insieme si tratta di un’esposizione piuttosto drammatica.
Ziporyn e la Kulenty sono presenti in prima e ultima battuta con brani per doppio clarinetto basso (nei quali Jelte Althuis affianca la Schouten), violoncello (Eva van de Poll) e vibrafono (Tatiana Koleva). Connect4 di Ziporyn, uno dei più noti esponenti del post minimalismo, è basato su sketch dei quattro strumentisti che si ripetono a incastro. Ben diversa è Top-Blow-Dance4 della polacca Hanna Kulenty, una composizione dal suono sinfonico che mi sembra scomodare persino reminiscenze di musica romantica.
“Nut” è uno di quei dischi che escono nettamente, sia per gli strumenti utilizzati sia per i compositori proposti, dal coro delle ovvietà, e sarebbe sufficiente questo per renderne l’acquisto caldamente raccomandato.
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Data Recensione: 29/5/2023 |
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