`Historic Music Past Tense Future´

Autore disco:

Brötzmann, Graves & Parker

Etichetta:

Black Editions Archive (USA)

Link:

www.blackeditionsgroup.com/black-editions

Formato:

2xLP

Anno di Pubblicazione:

2022

Titoli:

senza titoli

Durata:

68:05

Con:

Peter Brötzmann, Milford Graves, William Parker

non tutto il male vien per nuocere, neppure la morte

x mario biserni (no ©)

Nella versione USA di Wikipedia sta scritto che «Milford Graves (20 agosto 1941 – 12 febbraio 2021) è stato un batterista jazz americano, percussionista, professore emerito di musica, ricercatore/inventore, artista visivo/scultore, giardiniere/erborista e artista marziale». Parole sante in grado di inquadrare l’uomo che più d’ogni altro ha contribuito a emancipare la batteria da ruolo di marcatempo a quello di strumento musicale alla pari. Dopo la sua morte Graves sembra destinato finalmente a rivestire il ruolo che gli spetta e tale riconoscimento post mortem non è affatto cosa rara, basti pensare che Van Gogh in vita vendette un solo quadro e che un artista pur di grande successo come David Bowie quando è morto sia finito nelle playlist di fine anno anche in riviste che fino a quel momento non lo avevano considerato. Questo disco fa parte di un programma che intende portare alla luce registrazioni del percussionista rimaste fino ad oggi discograficamente inedite. Speriamo che tale programma venga rispettato perché, rispetto a quello dei molti musicisti i cui dischi hanno invaso il mercato dopo la loro scomparsa, il caso di Graves è affatto peculiare: solo una ventina di dischi in sessanta anni di intensa attività! Vista l’importanza del musicista si tratta di una cifra assolutamente incongrua.
A quanto scritto su Wikipedia va aggiunta la specificità di una figura sciamanica che ha anticipato la stessa Art Ensemble Of Chicago nel portare sul palco una teatralità tesa al recupero delle tradizioni africane. “Historic Music Past Tense Future” giunge in tal senso a proposito perché vede Graves affiancato dal contrabbassista William Parker, che può essere considerato un suo allievo, e da Brötzmann che è senza alcun dubbio il più afro dei musicisti europei. Le registrazioni, che risalgono al 2002 e riprendono un concerto tenutosi alla CB’s 313 Gallery di New York, sono uno spaccato impeccabile di quanto ho scritto e i due vinili sono impreziositi dalle puntuali note di Ed Hazell.
Un disco immancabile in una lista di acquisti relativa all’anno appena trascorso.
Segnalo anche il bel libro “Milford Graves: A Mind-Body Deal” che attraverso immagini e scritti vari ripercorre in oltre 250 pagine l’attività del musicista nelle sue varie sfaccettature.
A questo punto, come ogni anno, mi soffermo su altri lavori rappresentativi del 2022 attraverso un percorso parziale, personale e ben poco obiettivo.
Un anno ricco di sorprese, il 2022, per quanto riguarda i musicisti di provenienza ispanica: per il mainstream sgomita in numerose playlist di fine anno “Motomami” della catalana Rosalia, un disco che contamina la tradizione del flamenco con le nuove tendenze della dance elettronica. In ambito più sperimentale trionfa fra i dischi dell’anno della rivista The Wire “¡Ay!” della colombiana Lucrecia Dalt.
In prima posizione nelle mie preferenze una cover: Strange Fruit di Haino Keiji & The Hardy Rocks (ne riparleremo nelle recensioni). A seguire “« … »” di Anne Gillis, pubblicato però nel 2021, disco che la sound artist francese pubblica a quasi trent’anni di distanza dal suo precedente lavoro e che invita a riscoprirne tutta la discografia. D’appresso, in questo caso per stare sul pezzo, viene la scena che si autodefinisce come contemporary homemade music fron Sweden, che ruota intorno alle etichette discografiche Förlag För Fri Musik e Discreet Music, e che vede in Astrid Øster Mortensen la sua punta di diamante.
In ambito new wave of jazz ci sono state numerose uscite, a partire da “Music For Four Guitars” dell’attivissimo Bill Orcutt, poi “In Otherness Oneself” e “Soothe My Soul, Feed My Thought” della pianista Kaja Draksler, “Twofold” di Onno Govaert, doppio CD che vede il batterista interagire con Martina Verhoeven e Dirk Serries, e “Driven” del Martina Verhoeven Quintet. Seguono “Run, The Darkness Will Come!”, miglior opera degli svizzeri Day & Taxi e, ancora dalla vicina repubblica elvetica, “Two Sides Of The Moon” e “l'A Neuve”, entrambi con David Meier (il primo in trio con Alfred Zimmerlin e Florian Stoffner e l’altro in duo con Anouck Genthon). Ancora consiglierei “Monk On Viola” di George Dumitriu, lo split di Pefkin & Roxane Métayer e infine, per gli amanti delle musicassette, la splendida “The Asocial Telepathic Ensemble” della Corvo Records. Per quanto riguarda gli artisti italiani mi concentrerei su “Blues Pour Boris” di Mario Mariotti, “Canti di guerra, di lavoro e d’amore” di Silvia Tarozzi e Deborah Walker, “Spiralis Aurea” di Stefano Pilia, “Tales From An Underground River” degli Open To The Sea, e il fantastico vinile “Ossi” su Snowdonia ... e qualcosa mi sfugge sicuramente.


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Data Recensione: 22/2/2024

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