Sonic Alliances è, strutturalmente, un collettivo aperto – per fare un esempio celebre direi tipo l’Art Ensemble Of Chicago, con una formazione base comprensiva di percussioni, contrabbasso, sax e fisarmonica che, essendo i quattro polistrumentisti e utilizzando tecniche e non tecniche estese, può ampliarsi a dismisura.
Gli otto brani, per quasi 50 minuti di musica, come si evince dalle note sono estratti da ben 3 ore di improvvisazione collettiva.
Questi elementi, conciliati alla presenza di Gabola (il quarto che più c’è noto), farebbero pensare a una musica ostica al di là di ogni umana comprensione. E invece … non voglio sostenere che “Virus” sia un disco da ascoltare come sottofondo a colazione, alla maniera di una qualsivoglia Lady Gaga, ma penso che può essere apprezzato da un pubblico piuttosto ampio, in ispecie da chi ha confidenza con le musiche improvvisate. Oasi di melodia, sottratte al rumore e ai feedback, dovute soprattutto al contrabbasso di Chiantone, alla fisarmonica di Russo e alle stesse percussioni di Vietri, uniti all’uso della voce da parte del primo, riescono a rendere l’insieme più facilmente assimilabile. La voce, in particolare, finisce sempre con il rappresentare un elemento di alleggerimento. Pensate solo a come lo stesso brano in versione cantata riscuota un successo molto più ampio rispetto alla sua versione strumentale.
La sintonia e la sicurezza degli impasti strumentali fa pensare a un ensemble molto più navigato di quanto lo sia in realtà. Gabola & co hanno davvero messo a segno un bel colpo.
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