`Twofold´ // `Made Out Of Sound´ // `Decameron´

Autore disco:

Onno Govaert & Verhoeven / Serries // Chris Corsano & Bill Orcutt // Philipp Schaufelberger & Pierre Favre

Etichetta:

A New Wave Of Jazz (B) // Palilalia Records (USA) // Wide Ear Records (CH)

Link:

newwaveofjazz.com
palilalia.com
www.wideearrecords.ch

Formato:

2 CD // LP // LP

Anno di Pubblicazione:

2022 // 2021 // 2021

Titoli:

1-3) Twofold / 1) Twofold // 1) Some Tennessee Jar 2) Man Carrying Thing 3) How To Cook A Wolf 4) Thirteen Ways Of Looking 5) Distance Of Sleep 6) The Thing Itself 7) A POrt In Air // 1) Sirisco 2) Fiametta 3) Dioneo 4) Filostrato 5) Panfilo

Durata:

45:38 / 42:11 // 29:32 // 35:15

Con:

Onno Govaert, Martina Verhoeven, Dirk Serries // Chris Corsano, Bill Orcutt // Philipp Schaufelberger, Pierre Favre

batterie, chitarre più Martina Verhoeven

x mario biserni (no ©)

Mi è già capitato di definire il giovane batterista Onno Govaert come un nuovo Han Bennink, seppur privo dei suoi aspetti più clowneschi (vi prego di considerare il termine in senso positivo). Del vecchio leone Onno ripropone l’approccio che prevede l’utilizzo di una batteria minimale, assemblata con i pezzi essenziali, ma affrontata con impeto e con uno stile mutabile. Nell’arco di poche battute può passare da una furia iconoclasta a una scansione del ritmo morbida e ruffiana. Una variabilità stilistica, la sua, che gli permette di affrontare le situazioni più imprevedibili. Tali motivi mi hanno fatto pensare che il doppio CD “Twofold” diviso in due parti ben separate, l’una in compagnia della pianista Martina Verhoeven e l’altra in compagnia del chitarrista Dirk Serries, poteva rinverdire i fasti dei vecchi duetti di Bennink con Misha Mengelberg e Derek Bailey. Ciò appare vero soprattutto nel secondo CD, essendo Serries un baileyano convinto, dove chitarra e batteria giocano a rincorrersi in libertà come cuccioli su un prato. Lo stile della Verhoeven è invece piuttosto dissimile da quello di Mengelberg, dal momento che lei sembra riflettere sulla tastiera la sua attività parallela come fotografa. Per Govaert non ci sono problemi e si adatta allo stile della pianista, seguendola nei sui contrasti di chiaro scuri, luci e ombre, suoni e silenzio. Un’opera affascinante che avrei preferito veder pubblicata in vinile, ma val la pena di accontentarsi.
Altro giro …
Chris Corsano, in assoluto uno dei migliori batteristi che sono in circolazione, ha adeguato le tecniche estese a un drumming tradizionalmente inteso. Non è un caso se Björk, una principessa che esige una tavola sempre imbandita con le leccornie migliori, lo ha voluto alla sua corte. Bill Orcutt non gli è da meno e nella sua sei corde mette in riga James Blood Ulmer, Marc Ribot, Derek Bailey, Pat Metheny e Bill Frisell, rileggendo jazz, rock e quant’altro in un’ottica realmente post. La collaborazione fra i due risale al tempo dei tempi, un primo disco a quattro mani risale al 2013, e questo è abbastanza sorprendente considerando che entrambi paiono allergici ai legami stabili. All’interno della loro discografia in duo, più o meno quattro LP e alcuni singoli, questo “Made Out Of Sound” occupa una posizione speciale, dal momento che è una collaborazione a distanza. Corsano ha registrato una serie di piste e le ha inviate a Orcutt che, dopo averle ascoltate, ha elaborato una prima traccia di chitarra d’accompagnamento e una seconda traccia come solista. Da tale procedimento pare chiaro come spontaneità e ragionamento concorrano in pari misura alla definizione di quello che è uno dei migliori dischi ascoltati in questo primo assaggio di terzo millennio. Bellissime le foto della copertina, seppur ingannevoli perché possono far pensare a un disco registrato in pubblico.
… altra corsa.
Altrattanto longeva sembra essere la collaborazione fra Philipp Schaufelberger e Pierre Favre. Schaufelberger è un chitarrista molto più classico, e meno informale, di Orcutt e Serries. I suoi fraseggi limpidi e cristallini sembrano emergere dalle melodie sghembe di Thelonious Monk E Ornette Coleman. Pierre Favre non dovrebbe aver bisogno di presentazioni. È fra coloro che hanno elevato la batteria a strumento melodico, e la sua concezione dello strumento è massimalista e opposta a quella di Govaert, tanto che ama circondarsi con pareti di gong e campane e con tamburi di varia provenienza. Da un duo di questo tipo è quindi logico attendersi una musica ben più discorsiva rispetto ai due dischi precedenti. In “Decameron”, registrato in pubblico fra Zurigo e Uster, si coglie al balzo l’occasione dettata dalla pandemia per rendere memoria, sia nel titolo del disco sia in quello dei vari brani, al Boccaccio e alla sua opera letteraria.
Questi tre dischi di eccellente fattura, pur nella loro diversità di stili e soluzioni, possono servire da stimolo a chi è interessato a capire come va evolvendosi la musica jazz contemporanea: dalla new thing alla new wave of jazz fino a prefigurare un futuro non troppo lontano che qualcuno si è azzardato a definire come post-everything.


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Data Recensione: 9/12/2024
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