«La giostra dei miei simboli fluisce uguale per trarre anche dal male qualche compenso». (F. Guccini).
Docente, compositore, strumentista e studioso, Alex Lubet (nato a Chicago ma residente in Minnesota) si è occupato, tra l’altro, della musica in situazioni di disabilità.
Nel primo brano di questo CD, della durata di oltre diciotto minuti, Lubet affronta il tema disabilità in modo tangibile, avendo avuto un arto superiore temporaneamente fuori uso a seguito di un intervento chirurgico. Utilizzando una chitarra steel sia come tale sia come strumento a percussione(*) il musicista sfrutta la tensione creata dal contrasto fra i singoli suoni, più relative risonanze, e il silenzio nel quale sono intercalati per disegnare paesaggi segnati da un’eccentrica desolazione.
Le “Seventeen Songs In Time Of Plague” sono invece una serie di brevi composizioni istantanee registrate durante il periodo d’isolamento dovuto al Covid, e vanno considerate come un'unica struttura divisa in diciassette frammenti, suonati su un dulcimer con altrettante accordature diverse. Così si spiega anche la strofa di Guccini usata come inciso iniziale. I lati oscuri dell’esistenza hanno almeno un aspetto positivo nel loro funzionare da stimolo alla creatività artistica. È così che sono nate grandi opere come “Il Decamerone”, “L’inferno” dantesco e “Guernica”.
Un disco singolare e affascinante.
(*) Riporto dalle note: «sticks, beaters, and mallets joined a metal slide, a bass bow, and complex fingerings, sounding the guitar body, yielding a forest of timbral effects and pitches».