La notizia che Florian Wittenburg, un autore di cui ci siamo occupati a più riprese (vedi i contatti alle varie recensioni), aveva pubblicato su Wandelweiser mi ha colto di sorpresa, eppure osservando il percorso seguito dal musicista tale approdo appare del tutto consequenziale. Due parole a proposito della Wandelweiser: avviata nel 1992 da Antoine Beuger e Burkhard Schlothauer è oggi, con oltre 150 pubblicazioni all`attivo, la più importante e avanzata impresa discografica interamente dedita alla nuova musica di ricerca (accanto alla statunitense Mode e alla britannica Another Timbre). Detto ciò appare chiara l`importanza, per un musicista, di avere un disco in quel catalogo. Nel nostro caso, oltretutto, si tratta del disco giusto per la casa discografica giusta. “Beyond The Traceries” (titolo tratto dalla poesia Epitaph di Eric Pankey) viene presentato come un disco di electro-acoustic music. Un gran bel lavoro di minimalismo riduzionista, così lo definirei, i cui prodromi erano ben presenti nelle opere precedenti (come si può capire leggendo le vecchie recensioni). Più in concreto si tratta di suoni acustici vocali o strumentali trattati digitalmente in tempo reale. Che il soggetto sostanziale sia la voce, o un vibrafono, o un recipiente di vetro sfregato, viene ridotto a linee più o meno sottili e più o meno rotte da croste di silenzio. Qualcuno ha bollato il disco come influenzato dalla cultura Zen e questo ci riporta ad autori ormai classici quali Bernhard Günter, Thomas Köner e Radu Malfatti, con la siluette nitida di Morton Feldman sullo sfondo. Senz`altro, ma Wittenbug ha una poetica tutta sua e ben discernibile. E` il momento di prendere contatto con la sua musica, ammesso che non lo abbiate ancora fatto.
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