Musica del diavolo o musica di dio?
E` incredibile come il blues, in origine qualcosa di più del folk degli ex-schiavi neri d`America, è riuscito a permeare la musica contemporanea, da nord a sud e da oriente a occidente, dando vita a numerosi derivati e infiltrandosi in ogni anfratto, acustico od elettronico che sia, e spesso dove meno te lo aspetti. Se hai la pazienza di assaporare con attenzione è come il prezzemolo e lo ritrovi praticamente in ogni piatto. Si è sparlato tanto a proposito di post-rock, nu metal, nuova psichedelia, new wave e altrettanti trend dell`ultimora... per il blues non c`è nè un post nè un new, il blues è lì e lì rimane, pronto ad essere raccolto in ogni stagione e da ogni tipo di raccoglitore. Parafrasando i Kinks: «bluesmen will come, bluesmen will go... but blues music gonna go on forever!».
I due CD qui recensiti, seppure in termini diversi, hanno entrambi a che fare con il blues, soprattutto ne raccolgono e ne trasmettono l`essenza. In termini diversi perchè mentre nel primo si parte dal circondario per confluire verso un nocciolo blues, nel secondo, viceversa, la musica parte da un nocciolo blues per dilatarsi verso mirabilandie di perifollia.
Derek Bailey incontra Robert Johnson in Axel Dörner Straße, in tal modo potrei definire “Unknown Distances”, pure senza troppa approssimazione, ma dando coordinate tanto precise toglierei al disco quella peculiarità così ben delineata dalle `distanze sconosciute` del titolo. Sì, perchè i tragitti dal Mississippi e dall`Inghilterra verso la capitale tedesca sono tutt`altro che lineari e/o privi di soste, ripensamenti e dietro-front. Qualunque sia il percorso resta sempre la povertà di mezzi, a fronte della ricchezza di soluzioni, a caratterizzare una musica essenzialmente acustica ma in grado di trasmettere scariche di elettricità , quell`elettricità tipica del blues, musica di per sè elettrica da ben prima che gli strumenti elettrici venissero inventati.
Nastri, campioni, effetti, registrazioni concrete e feedback, oltre a pianoforte, chitarre e voce, vanno invece a interagire in “Blind Jesus” del duo formato da Stefano Pilia e Andrew Leslie Hooker (un cognome che più 'blues' di così non esiste). Ma non è certo per il cognome di Hooker, e neppure per il nome del progetto, che ho scritto di un nocciolo blues. Il fatto è che il CD è impregnato dai sapori della musica nera per eccellenza, a partire dai testi che sono «...a free assemblage of old blues songs collected by Alan Lomax...», seppure il tutto si espanda in direzione di una psichedelia malata e distorta.
Due dischi da avere anche se lasciano insoluta la domanda iniziale: musica del diavolo o musica di dio? Personalmente direi di entrambi, chè l`uno non avrebbe motivo d`esistere in assenza dell`altro.
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