«Il Walkabout per gli aborigeni australiani è un lungo viaggio rituale guidato soltanto da Canti. La fusione tra Luogo e Canto è la rotta che ho seguito», Federico Squassabia.
"Walkabout" è quindi un viaggio. Non solo fisico, come quello più lungo e a tappe che da Amsterdam porta a Vicenza o quello più breve di Una Passeggiata ai Giardini Pubblici. “Walkabout” è anche un viaggio spirituale in alcuni luoghi della cultura: (Venezia and Ernest Hemingway), (the Wild West and Sergio Leone) e (Vicenza and Vitaliano Trevisan); della storia recente: (Mexican Walks and Subcomandante Marcos) e (West Belfast); e dello svago: (Amsterdam), (Camargue), (Faenza and Pamela`s Dancing) e (Bologna).
Ma “Walkabout” è soprattutto un viaggio nella memoria, attraverso le stelle del jazz, soprattutto quello bianco che possiamo focalizzare intorno alla figura di un Bill Evans. Squassabia è uno di quei pianisti che puntigliosamente e meticolosamente paiono scegliere e selezionare le note una ad una, anche se la presenza, pressochè costante, del basso elettrico di Danilo Gallo porta fisicità andando a lambire il percorso di un altro pianista emblematico qual è Paul Bley; e di fronte a numeri più evansiani come Across The River, C`era una Volta, Squarcio, Shall we Dance? e la nobile Sophisticated Lady, ve ne sono altri più nervosi e venati da subdola elettricità com`è il caso di The Jellyfish Meal e Don Durito Y Marcos dove, in Don Durito..., l`energia esplode trascinata da un distorsore applicato al basso elettrico. Ma la sostanza più cattiva e dissonante sta dentro ad una ben poco rilassante Passeggiata ai Giardini Pubblici, impressionismo debussyano?, e in Un Mondo che di Meraviglioso avrebbe poco se dopo la guerra non si rilassasse in quella sana, impaurita, timida e mesta voglia di vivere e ricostruire. La quiete dopo la tempesta.... Walk about.
|