Ecco finalmente la ristampa ufficiale, dopo varie edizioni illegali, di una delle pagine classiche del jazz inglese originariamente uscita su RCA nel 1972. All`epoca Tippett aveva esordito timidamente con “You Are Here... I Am There”, si era imposto con l`eccellente “Dedicated To You But You Weren`t Listening” ed era affogato nella esagerata magniloquenza del doppio LP “Septober Energy”. Con tali dischi il pianista si era conquistato un discreto credito presso il pubblico rock, sia perchè era vicino agli ambienti del jazz-rock inglese, sia perchè aveva collaborato con i King Crimson e sia perchè Robert Fripp in persona aveva prodotto il doppio LP pubblicato come Centipede. Questo disco non ottenne la stessa benevola accoglienza, e passò praticamente inosservato, proprio perchè era alieno a quello che era in maggioranza il suo pubblico. “Blueprint” vede infatti Tippett spostarsi verso la libera improvvisazione, anche se i riferimenti non vanno esattamente cercati nell`improvvisazione radicale europea; è infatti evidente, sia ascoltando i sottofondi di campanellini e piccole percussioni in stile Art Ensemble e sia guardando i disegni geometri alla Braxton che sono riportati nella essenziale copertina, come gli occhi del pianista siano puntati soprattutto su Chicago. E pare anche piuttosto chiaro il perseguimento dell`idea colemaniana verso una musica che conservi una sua poetica melodia all`interno di una cospicua libertà armonica. Keith Tippett, poi, suona il piano come se fosse un Monk bianco o, se preferite, un Paul Bley nero. Alla consolle siede ancora Robert Fripp, ma si trattava del Fripp infatuato di sperimentazioni jazz che, con i dischi “Lizard” e “Island”, aveva dirottato i King Crimson fuori dalla retta via del rock. Fatti e antefatti che lasciano ben capire perchè questo disco abbia trascorso un così lungo tempo nelle liste degli oggetti fuori catalogo.
Le atmosfere, ad eccezione della cadenzata Dance, sono piuttosto rarefatte e soffuse, e raramente i musicisti si abbandonano a brevi ed energiche sfuriate. Tippett è ben coadiuvato dal grande Roy Babbington al contrabbasso e da Keith Bailey e Frank Perry alle percussioni (in Song il primo e in Dance, Glimpse e Woodcut il secondo). Ma l`apporto fondamentale è dato dalla moglie Julie Tippets/Driscoll - voce, chitarra, flauto dolce e mandolino - che riesce a dare una propria impronta ai 4 brani in cui è presente (il disarticolato Blues finale, splendidamente condotto sui giochi d`accordatura del mandolino, è un piccolo gioiello).
Da questa esperienza nascerà la formazione degli Ovary Lodge che, per qualche anno, porterà avanti in forma meno coraggiosa il discorso qui iniziato.
Conclusione superflua: “Blueprint” è un disco memorabile.
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