eugenio sanna (intervista)    
di Stefano Arcangeli





Avventura indefinita, indefinibile. Percorrere i declivi stupefatti di pietra liquida, i labirinti di cristallo di luce fusa; seguire le misteriose e sempre mutevoli forme del tempo che si dipanano espandendosi in aurorale fioritura, e così ritrovarsi ad un bivio essenziale della musica, nel quale il presente altro non è che l'atto effimero che separa un ieri che non c'è più e un domani che non è ancora.
Fuggendo la scienza della consumata ipocrisia e l`autocompiaciuto solipsismo dai riverberi algidi, qui si salta a dispetto del buio e si disegna attraverso continui giochi allusivi, lo specchio insospettato che ci rivela la nostra propria faccia.
In questa voce dalle ali volta a volta scorteccianti, sussuranti, graffianti; in questo incedere che recupera echi e brandelli di memoria individuale e collettiva, sembra che vengano rievocati e ricreati il canto dagli occhi di mago, il chiaccherio mai lo stesso delle acque, le vitree solitudini dei monti, gli aurei effluvi del fuoco. Perchè tutto per Eugenio Sanna ha un significato musicale; tutti i suoni vengono proiettati nella sua musica, che è una continua espansione, una ricerca ininterrotta; oltre le note, fin dentro il suono; pensare senza pensare, lo strumento e il musicista diventano una cosa sola contro gli uomini plastici della tecnologia dai sentimenti di legno, l`artista rivendica il proprio ruolo di disvelatore di sensazioni, emozioni, impressioni, percezioni profonde, destate dalla ricezione e interiorizzazione delle forze vitali dell`universo, amplificate da un irrinunciabile senso della meraviglia e tradotte in una sonorità che si rapporta a quella della voce umana che canta, parla, che si fa gioiosa, irata, tenera, euforica, malinconica. L`improvvisazione totale è il medium.

L`intervista che segue mi è stata rilasciata da Eugenio Sanna all'indomani della rappresentazione di "Framment - azioni elastiche", performance multimediale, alla cui organizzazione hanno partecipato il circolo "Agorà ", l`Arci Nova, l`amministrazione comunale di Pisa e, sopratutto, la direzione della casa circondariale "Don Bosco”. Evento eccezionale perché, per la prima volta in assoluto, veniva concesso ad alcuni detenuti di partecipare quali co-protagonisti ad una manifestazione di jazz e musica improvvisata. Lo spettacolo consisteva in un insieme di musica improvvisata poesia (Cendrars, Husmann), l'impiego del corpo come riappropriazione dello spazio circostante (fondamentale per chi vive in una cella). La serata si è svolta il 15 maggio del 1999 ma le parole di Sanna risultano oggi, a distanza di anni, più attuali che mai.


Vuoi spiegarmi com`è nata l`idea di "Framment - azioni"?
Dal mio lavoro con la casa circondariale, dal 96 ad oggi (il lavoro continua attualmente, n.d.r.). Lì sono responsabile dei laboratori musicali nelle sezioni maschili e femminile. Laboratorio finalizzato allo studio della chitarra. Il mio lavoro tiene conto del tessuto - vissuto personale di chi vi prende parte. Sopratutto è possibile trovare culture musicali molto eterogenee; ciascuno apporta la propria, i suoni legati alle proprie radici ed io cerco di elaborare tutto questo, traendone del materiale musicale che sia un prodotto fresco e originale appartenente agli allievi stessi.

E` facile?
Nient`affatto! Prova a pensare a come condurre chi ti chiede di insegnargli a suonare e cantare Tu vù fà l`americano in territori musicali diversi e sopratutto verso un`esplorazione di ciò che compare naturalmente e spontaneamente.
E` in qualche maniera un tentativo di conoscenza di sè stessi attraverso la musica e in cui un brano celebre come appunto Tu vù fà l`americano può condurre se, opportunamente esplorato, verso sentieri sconosciuti di sè stessi. Quasi un salto nel buio e in cui vengono abbandonate le certezze... Ma se riesci a ricucire tutto questo immettendolo all'interno di un contesto musicale adeguato, allora crollano molte barriere. Naturalmente molto spesso, la prima reazione è di perplessità , diffidenza, disinteresse ma poi a poco, queste resistenze vengono meno per lasciare spazio ad un vero istinto creativo e allora accadono dei veri miracoli.

Ma la galera è la galera!
La prigione è la prigione, è chiaro, come del resto è chiaro che molti stimoli creativi possano venire meno e decadere in condizioni di restrizione della libertà . Però credo che qualsiasi ambiente possa presentare occasioni, situazioni particolari, nonostante quello che se ne può pensare. Da un punto di vista acustico, il carcere è un ambiente ricco di stimoli sonori, uditivi, visivi che, nella stragrande maggioranza dei casi, vengono sottovalutati sopratutto a causa del carattere repressivo di questo luogo che è, in realtà , un veicolo come un altro per il manifestarsi della musica improvvisata che, come si sa, si alimenta di emozioni e di vissuti umani. Là dentro infatti i rapporti umani vengono vissuti in maniera intensa e forte. Il mio laboratorio rappresenta un`utile occasione di crescita interiore e in cui molte barriere sopratutto di tipo razziale e, o, diffidenze, vengono a decadere. La scoperta della propria creatività è anche la scoperta di una libertà interiore, primo gradino verso un processo di liberazione.
L`acustica rimbombante di quei locali, lo scricchiolare delle grate nelle celle, il rumore dei mazzi di chiavi dei secondini, il vociare, le urla in lontananza in quei corridoi e la loro oscurità , costituisce l'insieme su cui poter lavorare a livello sonoro e sicuramente la musica che ne deriva, è influenzata da tutti questi elementi. Ogni ambiente, se adeguatamente ascoltato, possiede una sua sonorità naturale, un naturale flusso sonoro. In questo caso ma è bene dire, in qualsiasi caso, l`improvvisazione è un modo naturale di far musica che si adatta naturalmente agli uomini agli ambienti, senza alterarne il tessuto di base e in tal maniera costituisce un grande veicolo per le emozioni di chi vive là dentro.
L`improvvisazione è sorta fin dalle origini del mondo, come anche i cinesi sostenevano. Di essa, se ne sono occupati anche urbanisti come A. Loos.
Per quel che concerne lo spettacolo "Framment - azioni elastiche", l'idea centrale è stata quella di mettere in una situazione di movimento un materiale per certi versi eterogeneo, sì da provocare una sua `flessibilità `, una sua `elasticizzazione` in un magmatico fermentare di elementi disparati (secondo il principio alchemico del `solve et coagula`) che nel loro combinarsi danno vita da un lavoro non finito, sorta di work in progress, la cui anima è l'improvvisazione, che io definisco come una sostanza elastica e mercuriale.

Qual è il livello di partenza dei tuoi allievi?
Per lo più conoscono quello che i vari media, diffondono attualmente: le varie canzoni di musica leggera italiana oppure nel caso delle altre etnie presenti e assai numerose, brani legati al proprio paese d'origine. E` sempre molto interessante constatare come la musica, è in ogni caso un veicolo di grossa comunicazione, anche in circostanze assai frequenti purtroppo, nelle quali la lingua italiana non venga parlata quasi, e ne capita.

Come concili, in questo lavoro, la condizione dei tuoi utenti con la carica libertaria espressa dall`improvvisazione?
Io credo che la musica improvvisata sia anche un mezzo per aprire spazi percettivi e sensoriali insospettati. Quello che io mi propongo nel contempo, è una finalità pedagogica e terapeutica.
La musica improvvisata, proprio per le sue possibilità illimitate di espressione immediata, può ampliare le proprie porte percettive, ampliare le conoscenze abolendo al tempo stesso le barriere mentali insite in ognuno di noi. Un problema fondamentale che incontro, in questo tipo di lavoro assai speciale, è il sapermi costruire io stesso, degli spazi creativi: questi sono mediati e messi in discussione continuamente, tra la tendenza fondamentale esistente in un simile tipo di struttura, a risucchiare persone, movimenti di idee e cose. Di rimando c`è l'azione degli educatori che tende, per quello che è possibile, a lasciare maggiori aperture agli eventi creativi. Non è facile ma porto avanti con costanza e pervicace pazienza, questo tentativo.

Hai mai proposto l`ascolto di brani jazzistici? E con quali risultati?
Il jazz? Beh, ho fatto dei tentativi. Ho provato con Coltrane, per esempio, qualche pezzo da "Interstellar Space" e da "Kulu Se Mama", il disco con Raphael Garrett. Avevo parlato anche di Garrett e del suo soggiorno a Pisa; la cosa ha interessato gli allievi, che mi hanno rivolto tante domande, più per capire l'uomo che il musicista.
Ho fatto ascoltare Charlie Parker, ma anche Cecil Taylor, Derek Bailey e, poi, Billie Holiday. Quest`ultima ha interessato sopratutto le donne, che mi hanno chiesto delle notizie sulla vita di questa cantante e, a causa della sua voce, ne hanno empaticamente avvertito il dramma. Ho potuto parlare della cultura tzigana, tema assai vissuto tra quelle mura, attraverso l'ascolto dei brani di Django Reinhadt o dei fratelli Ferré. I risultati? Direi che vivere la musica, e poi sopratutto la pratica dell`improvvisazione, là dentro è un fatto stimolante, creativo e liberatorio che avvicina sè stessi verso una libertà che inizialmente è di tipo interiore ma che poi si materializza attraverso il tempo, anche all'esterno con risultati assai tangibili. E quindi, occorre non desistere.


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