C`è stato un momento, circa intorno al passaggio di millennio, che il remix era diventato particolarmente di moda, con il risultato di diventarmi odioso ... è proprio vero che «il troppo stroppia». Oggi le cose si sono ridimensionate e recensire un disco come questo rappresenta un autentico piacere. Cercando di categorizzare direi che nel settore esistono due tipi di raccolta: quella nel quale un unico autore viene trattato da più manipolatori, tesa a far apparire la figura del remixato e quella dove un unico manipolatore trucca il lavoro di più musicisti, nel qual caso è proprio il remixatore ad apparire quale figura cardine. Questo CD appartiene alla seconda specie, la migliore. La figura dei manipolatori (due musicisti già attivi sia singolarmente sia come Garaliya, nome con il quale hanno pubblicato un disco di inediti solo due o tre mesi prima di questa raccolta), l`entità dei remixati (tutti italiani, se non sbaglio), lo stesso marchio Morte Records, ogni cosa porta in un'unica direzione che il lettore può comprendere anche senza tante parole, basterà citare i termini dark, death e negromanzia. E negromanzia, in fondo, è la stessa arte dei remixatori. Proprio in prima battuta c`è la cosa più interessante, un elogio della lentezza che sia intrinsecamente sia estrinsecamente omaggia in pieno il nome degli autori originari. E` come, tanto per darvi un`idea, se gli Scorn avessero remixato i Black Sabbath. Foreste di ritmi più marcate costellano gli altri brani e, per fare nuovamente un paragone, è come se i Test Dept tagliassero la strada ai Painkiller. I Garaliya, al pari della schifosa creatura che campeggia in copertina (non so proprio di che organismo si tratta), sembrano in grado di fagocitare qualsiasi tipo di materiale, anche il più coriaceo, per poi dissezionarlo e restituirlo in forma di flash ad alto potere energetico. Soddisfatto il recensore, soddisfatti i musicisti e, con buone probabilità , soddisfatti anche i lettori. Meglio di così?
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