Di Autodigest avevamo particolaremente apprezzato il precedente volume di questa quanto mai singolare storia compressa di tutte le cose mai registrate. Risultava assai simpatica in quell'occasione la protervia concettuale con la quale ci veniva servita l'opera, piaceva e convinceva perchè poi in fondo tutto si risolveva in una serie ben congegnata di scariche siderurgiche e subdole oasi marcescenti di suono. Ora questo secondo volume parte dove terminava il precedente cioè dalle esibizione pubbliche da un secondo(!) che Autodigest effettua, dopo di che scatta il processo di compressione dell'ipotetica audience; spiego meglio: Autodigest ci informa di voler dimostrare l'effimera inconsistenza del mondo della pop music lavorando sui brandelli sanguinolenti del pubblico delirante post esibizione (di tutte le esibizioni). Chi si ricorda dell'incantevole “Jamaica Heinekens In Brooklyn” di Charlemagne Palestine potrebbe ritenere di aver ben chiaro il concetto ma cosi non si rivela essere, togliete ogni suono, lasciate soltanto un pubblico ululante da stadio, mettetelo in loop e pian pianino mutatene la traiettoria facendo di volta in volta emergere ora un urlo più deciso ora una ragazza in preda a crisi epilettica per aver sfiorato il proprio beniamino. Cosa ne ottenete? Certamente una cosa che sta perfettamente a mezza strada fra la carta da parati e la più perfetta cazzata, non male vero? Avevamo apprezzato Autodigest, ora proprio non è possibile rinverdire quella stima concessagli; certo il bagaglio polemico che l'autore dimostra è notevole e notevolmente cresciuto ma purtroppo sembra aver preso il sopravvento su tutto il resto. Va bene la messa in discussione dei meccanismi animanti il processo della musica pop (nel senso più ampio possibile), va benissimo per carità ma il povero ed incauto ascoltatore (compratore oltretutto) che si imbatte in un'opera del genere che colpa ne ha? Si potrebbero citare Debord o Baudrillard per dare piena e corretta interpretazione ad un'opera del genere ma anche Topolino potrebbe andare bene, ha un suo fascino ipnotico perverso ma proprio non ce la faccio a subire un'ora di applausi ed urla continui. Mi ricorda molto un brutto quadro visto in un'algida sala con il gallerista alle mie spalle che tentava di convincermi dell'effettiva grandezza dell'opera in questione. D'accordo Autodigest, hai creato qualcosa di proponibile in repeat mode ma certamente non nel mio impianto stereo; l`ho fatto per ben due volte ed ora mi vado volentieri a riascoltare il live dei Ramones.
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