Atto primo - Dal movimento di riscoperta della new thing e derivati sono rimasti tagliati fuori, per ora, quei musicisti di origine sudafricana che nei primi anni `70 infiammarono l`Inghilterra, creando oltretutto il primo reale trait d`union fra improvvisazione radicale e punte avanzate del rock (una contaminazione che solo un decennio dopo esploderà attraverso movimenti come la no wave). Eppure i vari Johnny Dyani, Chris McGregor, Harry Miller, Louis Moholo, Dudu Pukwana e Mongezi Feza rappresentarono, accanto a quelli tedesco olandese e inglese autoctono, un autentico quarto polo. L`ultimo di essi, scomparso a soli trent`anni, fu forse il più attivo in tale girovagare fra i generi, e se ne ricordano ancora le collaborazioni con Henry Cow e Robert Wyatt. Il suo stile, infantilmente giocoso, ricordava molto quello di Don Cherry, ma anche quello di precursori come Fats Navarro, Clifford Brown e Booker Little, con i quali condivise una morte prematura.
Atto secondo - La prima new thing, quando i musicista americani approdarono in Europa, non ebbe la migliore accoglienza a Parigi, Londra o Berlino, bensì nei paesi Scandinavi (sono ormai leggenda le registrazioni svedesi di Ornette Coleman e quelle danesi di Albert Ayler e Cecil Taylor). Da quei passaggi prese forma una scena autoctona che, pur non avendo mai intrapreso una propria strada autonoma, ha continuato a tramandare il culto sotterraneo del `free jazz`.
Dall`incontro fra i tre elementi, il trombettista transfuga dal Sudafrica della segregazione razziale, il quartetto svedese di Bernt Rosengren (sesto incomodo il percussionista turco Okay Temiz, che all`epoca sonava spesso con Feza) e il culto per quegli anni che ha portato alla nascita della Ayler Records, nascono e vedono oggi la luce, ad oltre trent`anni dal loro concepimento, queste registrazioni che contengono senz'altro del buon materiale d'archivio. Le premesse e il titolo dovrebbero far già intendere di che materia è fatto il doppio CD, una jam libera dove i pesanti richiami ad Ayler e Coleman (ma anche all`Haden della prima Liberation Music Orchestra: sentite la citazione nella parte terminale di Theme Of The Day I) vengono appena smorzati dalla straripante personalità del trombettista.
Quindi si tratta di un disco prescindibile?
Calma. Se considerate che il materiale di Mongezi Feza attualmente in circolazione è praticamente zero, l`acquisto appare quasi obbligatorio per chiunque intenda avvicinarsi al fantastico immaginario di questo musicista. Con la speranza che a questo CD possa far seguito la ristampa dei tre dischi, quelli sì indispensabili tout court, incisi dal trio che il trombettista sudafricano condivideva con Johnny Dyani e Okay Temiz: “Rejoice”, “Music for Xaba” e “Music for Xaba Vol. 2”.
|