Se non fosse per i pastelli e le ballate romantiche, si direbbe che questo non è più Melodium. Quello che conoscevamo venne introiettato dall`universo elettronico in tempi non sospetti e con esiti che non si sarebbe detto così proficui data la natura così semplice (ma efficace) dei suoi dischi sintetici. Ed in effetti, sì, mi piace leggere questo suo ultimo come un lavoro di b-side, tese a mettere in gioco il suo orizzonte relazionale con la voce prestata dei suoi amici. Mi piace spiarlo a cercare nuovi lidi, magari più semplicistici ancora, ma consapevole che quella forma finora amata si sarebbe esautorata, avrebbe difficilmente parlato col cuore di un tempo perchè già si stava esautorando. Se le arti, anche quelle più giocose, vengono a consumarsi non è colpa di nessuno: c`è bisogno continuo di novità , una barca di roba esce a ritmi vertiginosi e l`attenzione dell`ascoltatore promette sempre meno. Il tempo per assimilare un disco è talmente poco, tanti ne escono e se ne ascoltano, che quando ti capita il gioiellino diventa tutto più semplice ed inquadrabile (quasi a vista). Melodium finora ebbe la fortuna di appartenere a questa rara casta di musicisti: diretti, decisi, con idee, manco troppo difficili. Del giro elettronico francese è certamente quello più “classico” ed “apprendibile” . L`estetica elettronica è quella degli anni 80 e le sue soluzioni sonore, a parte qualche incastro azzeccato, ed una vena sempre molto nostalgica, non si sono mai abbandonate a sensazionalismi o particolari vette alchemiche. Finora fummo abituati ad un Melodium racchiuso, rannicchiato dentro crepuscoli, dentro maglie di lana su praterie di pomeriggi domenicali; ora lo ritroviamo in jeans, nei ritagli di tempo, che gioca, anche lui con le voci, con il pop cantato. Le esplorazioni vocali sono oramai territorio imprescindibili dentro le partiture da laptop. Lo fanno tutti, ed è tempo anche per lui di cominciare questa partita. Radicalmente non c`è nulla di nuovo: Melodium è sempre più proiettato a quelle libertà dei primi anni 80 più che alla musica del 2000. Certo è che nonostante il cambio di tendenza resta la sensazione di fronte alle sue melodie di trovarsi sempre di fronte ad un blocco non scorporabile, troppo marcato e definito per incutere timore o solcarne i dettagli. Si ha la sensazione che l`uso della voce, rispetto al blocco sonoro, non vada a chiudere l`amalgama, che voce e suono non siano stati creati nello stesso momento, ma forse solo come frutto di giustapposizioni organizzate in due tempi distinti e con una teleologia nemmeno tanto consapevole dalla composizione delle prime partiture di doversi confrontare con una voce, magari incisa in un secondo tempo e per caso. Resta comunque ancora un corpo sonoro fin troppo logico, che tolto l`uso del laptop, si avvale degli stessi procedimenti della musica leggera più di quella elettronica, e che in fin dei conti resta gradevole ma che mai esalta davvero. Resta da chiedersi che cosa cambierebbe se mancasse la voce, se restasse solo il suono. A prima vista niente di particolare. Andando più a fondo qualcosa in meno forse rispetto alle precedenti composizioni che soffrivano di una comunicatività minore ma avevano un potere evocativo e le parole gliele davi da solo. Senza bisogno di applicargliele con una voce. Ci si chiede quanto sia stucchevole, e talvolta lambiccato il suo lavoro sonoro, e stavolta, poichè la materia è più eterogenea, se non altro per le voci, il risultato è un tantino sopra i dischi che abbiamo amato di più, ma all`orizzonte è difficile che i suoi lavori possano promettere ancora molto. Dopo 4 dischi, un ep, e alcune manciate di singoli, il suono di Melodium si è posto permanentemente all`attenzione per carica d`identità , vie utilizzate per raggiungerla, coerenza e solidità interna... ma è un impasto che, per il modo della musica contemporanea, puntando paradossalmente sulla formula, lascia i propositi per un sobbalzo impetuoso irretiti per colpa di un eccesso di ripetizione, una ripetizione che lasciata lì dov`è rischia di emaciarsi e di diventare glabra.
Domotic è Stéphane Laporte, un talentuosissimo laptop-musician che nel 2002 se ne uscì, sempre per la stessa etichetta, con quel “bye bye” che rappresentò una piacevole sorpresa sebbene non rappresentasse già all`interno delle agitazioni dell`elettronica di allora un particolare contributo all`evolversi di certe sonorità . Sembrava piuttosto un accrescimento parallelo a quanto si sentiva sul catalogo Morr in una versione più decostruita e particolaristica. Dopo 3 anni Domotic ritorna sulle scene, e ci ritorna in una forma smagliante e sembra di ritrovarsi di fronte ad un progetto diverso! 3 anni, nell`universo discografico vigente, sono 30 anni. Non fai il tempo a girare la testa che un genere è morto, un software non serve più, una musica che pareva vertiginosa pare ora inutile. Domotic, come nel caso di Melodium, è anche lui passato all`ausilio della voce, e per questo, e non per altri motivi, le due recensioni si preferisce tenerle associate. Non è un caso infatti che due musicisti che finora lavoravano solo su musiche abbiano deciso di utilizzare anche delle voci per i loro dischi nuovi. La prima cosa che sorprende in "Ask The Tiger" è la plurivocità di coordinate e l`ausulio del rumore come forma d`introduzione/conclusione brani. Il disco ha mille sfaccettature, da un`estetica del compiacimento ad un tripudio della forma operistica, a cavalcate psicodrammatiche, a lidi di revisionismo krautrockistico. Un mirabolante incastro pluridimensionale, dalle proporzioni emozionali favolose che lo pone accanto alle migliori sonorità di Casiotone for the painfully alone, almeno a forza espressiva ed adolescenziale. Un disco di portata straordinaria la cui genialità consiste nell`assoluta specificità del random, dell`ausilio di tutto quanto si direbbe moderno per una composizione ma nel medesimo tempo essenziale, fondamentale e necessario. Non c`è alcun episodio gratuito, ogni singolo frammento sonoro ha ricevuto il giusto trattamento, si sente insomma che c`è un lavoro incredibile e che nonostante il trattamento impressionante nulla si sia lambiccato, formalizzato per eccesso di scrupolo. I dischi di elettronica e voce per laptop dovrebbero passare da qui nei mesi a venire, da questi puntamenti, questi sommari di organizzazioni revisionistiche sulla strategia dei giochi meccanici, rintelare il versante del divertimento in palloncini d`acqua e sabbia non paritetici e inopportuni per il moderno, dato che l`universo del contemporaneo, spigolosamente, nasce da questi buchi difformi, dentro l`atomica dello scherzo che si fratta riducendosi a rinvio di storie criptiche a venire, dentro soliloqui esistenziali che vogliono sempre del sole e dei raggi perchè vivono di elettricità e di superamento. Un lavoro davvero magistrale, davvero notevole, davvero importante.
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