'Vi chiederete: che diavolo è questa roba?', così inizia la presentazione da parte di Cock Rock Disco.
Neanche noi sappiamo (o vogliamo?) darne definizione, ma un`idea della provenienza sì: nient`altro che l`ennesimo figlioccio bastardo dell`ultimo Aphex; di diverso troviamo (non scherziamo) centinaia di inserti di varia provenienza e migliaia di effetti di qualsiasi tipo a formare brevi brani schizoidi, ma senza un`anima.
Puro virtuosismo, insomma.
Non mancano spunti notevoli (i finali di Hip Hop Wabisabi e You Treacherous Girl, l`intera ma breve Gaslight, per esempio), ma tracce come il rifacimento IDM della Gymnopédie di Satie sono veri e propri incoraggiamenti alla stroncatura.
Le note informano che l`intero lavoro è stato realizzato con il software Reason, caratteristica che accomuna questa produzione a molte altre coeve: la riflessione si sposta quindi su 'chi' sia il vero compositore e sui metodi impiegati: puro meticolossissimo collage? Programmazione con largo impiego di opzioni random? La scelta dei campioni usati è giustificata in qualche modo?
E ancora: estetica dello stupore? Autoesaltazione e deriva dell`onnipotenza digitale?
Quello che qui manca è forse il 'disegno superiore' dell`uomo, ovvero la capacità di una scelta sensibile e costruttiva, quell`umanità che lo stesso Aphex, nonostante tutto, ha (quasi) sempre garantito; per dirla con Deleuze: 'The sobriety of the assemblages is what makes for the richness of the Machine`s effects'.
Questo disco è fatto solo da una serie di remix di cento altri possibili bei dischi.
Da tutto un altro mondo arrivano gli Avarus.
I misteriosi finnici tornano...ma meno misteriosi; il fronte della copertina promette battaglia, il retro e l`interno rivelano un`anima più.
L`ascolto del loro “Vaahtera” (7” su Veglia) ci aveva iniziato ai loro riti sabbatici, ma è con questo loro primo CD, intitolato letteralmente 'ratto gigante', che si può scoprire pienamente la loro ispirazione multiforme.
L`inizio riprende dove era finito il vinile citato; la seconda traccia fa venire in mente i Subarachnoid Space di Mason Jones, e quindi siamo dalle parti di un hard rock psichedelico lento, liquido e tribale; Iso Lääkelaiva è spettrale, come ritrovarsi in "Giulietta degli spiriti" di Fellini; atmosfera totalmente diversa al quinto brano, il più lungo, sorta di musica per danza del ventre, semmai ce ne potesse mai essere una in Finlandia; quasi solare Ahdistava con malefici folletti ridenti sul finale; l`ultima traccia è quella più cupa e funerea. Il suono è sempre al limite del lo-fi, la strumentazione è volutamente povera, l`improvvisazione è totalmente frutto del cervello (fumato?) dei quattro.
La forte contrapposizione con Vorpal è voluta non tanto con intento polemico o reazionario, ma proprio per rafforzare la convinzione di una urgente e necessaria svolta 'morale' di certa ricerca elettronica.
La questione è aperta: dove si andrà a finire seguendo la facile libertà senza limiti del digitale? Si possono superare i limiti dell`analogico?
Vorpal è il suo computer, gli Avarus sono i loro sogni: a voi la scelta.
|