Abbiamo già incrociato la strada del flautista Mark Alban Lotz occupandoci all’occorrenza di qualche disco targato Evil Rabbit Records. Qui, come annuncia il titolo, lo troviamo in solitudine alle prese con vari tipi di flauto, compreso un mostro qual è il flauto contrabbasso in PVC (quello dell’immagine di copertina), oltreché talvolta con la voce in concertazione o impastata con il suono dello strumento.
Qualche dato tecnico per dire che non ci sono sopraincisioni e/o loop e, escluso l’utilizzo di qualche rivebero o delay durante il missaggio, tutti i brani sono improvvisazioni, più o meno strutturate, registrate in presa diretta.
Tecniche usuali e inusuali, preparazioni dello strumento e altri accorgimenti danno vita a 17 pezzi estremamente vari, anche quando sembra esserci sequenzialità (le sei bass flute sequenza), che esplorano le tradizioni del jazz, della musica contemporanea e di altri linguaggi latino-afro-asiatici. Titoli come Aş Şaḩrā' Ash Sharqīyah, PVC Mantra, Piccolo For Makeba (probabilmente dedicata a Mirian Makeba e suonata sull’ottavino che, però, non è stato citato nella lista degli strumenti utlizzati) o For Rahsaan (senza dubbio dedicata a Roland Kirk) indicano già di un poliglottismo più naturale che acquisito (Lotz è vissuto in Thailandia, Uganda, Olanda, Stati Uniti, Germania …).
So che spesso i nostri lettori guardano di traverso al flauto, quasi sempre associato a un concetto di leziosità , ma vi chiedo di provare comunque ad ascoltare un disco che potrebbe riconciliare con questo strumento anche coloro che non lo amano. Predicare ai già convertiti sarebbe invece troppo facile.
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