Questo disco è il frutto dell`incontro fra Patrizio Ligabue e Nazim Comunale. Ligabue, ancor prima che musicista (lui stesso si definisce come un «produttore di armonici»), è un viaggiatore - esploratore legato a uno stile «outdoor & wild», protagonista di tragitti in terre inospitali, oltrechè appassionato di culture popolari (soprattutto quelle relative ai grandi spazi del nord, all`Africa e all`estremo oriente) e studioso sia di canto difonico sia di strumenti non occidentali come il didjeridoo, la koncovka, la fujara e la dan-moi. Comunale è invece un polistrumentista - jazzista che abbiamo già avuto occasione di conoscere (vedi la recensione di “Hidden Or Just Gone” dei Caboto). Il pezzo forte del disco, Meiktila Loop, vede in azione soltanto i due titolari ed è un lungo mantra, dai caratteri esotici ed esoterici, nel quale si miscelano suoni acustici e suoni elettronici e che può ricordare la saghe dei Dead Can Dance in rotta di collisione con Biosphere.
Nel secondo brano emerge invece con un certo predominio la vena progressive di Nazeem, con ingresso di una potente struttura ritmica - il basso di Degola, la chitarra di Pompili e la batteria di Tramalloni - mentre il flauto e le tastiere rompono quell`equilibrio con le voci creato nel brano precedente, e un poco di magia finisce per andare persa.
E` ancora il flauto a dettare legge in Continuum, saga boschiva per fauni e/o anticamera preparatoria per riti dionisiaci.
“Venezia non esiste” è un disco riuscito che centra i propri obiettivi, anche se non riesco a consigliarlo spassionatamente ai lettori a causa di una eccessiva magnificenza e a un modello meditativo che non mi appartiene. Inoltre, di fronte a questi dischi, non riesco mai a togliermi dalla testa l`idea dell`immagine da cartolina, non autentica al 100%. Una mia impressione, certo, che magari non corrisponde alla realtà . Di una bella cartolina, comunque, si tratta.
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