Ingrid Schmoliner è una pianista austriaca con la quale avevamo fatto conoscenza attraverso la compilation “Damn! (Freistil-Samplerin # 3)”, pubblicata su Chmafu Nocords, che conteneva proprio il secondo spezzone di questa suite, e adesso giunge inaspettatamente fra le mie mani il disco con l`intera suite pubblicato, ancor più inaspettatamente, dalla berlinese Corvo Records.
“карлицы сюита” è una composizione in sei parti per piano preparato, suonato `inside` e `outside`, dalle forti implicazioni femminili e femministe. Già dalla dedica, che la Schmoliner indirizza all`amica Maria Luise Botros, per proseguire con l`ispirazione tratta dalla figura mitologica di Percht, dea pagana di origini alquanto remote, celebrata nei mesi invernali e piuttosto popolare nelle regioni alpine dell`Austria (la figura nostrana della befana sembra discendere proprio da questa dea).
L`aspetto sciamanico, al femminile, permea comunque tutta la suite e la stessa Schmoliner fa pensare al polittico di una sacerdotessa officiante.
Stampa, in apertura, è veramente incredibile, un aggressione tribale e selvaggia alle corde del piano indicata per scatenarsi durante una `notte sul monte calvo`. In Grul la fine tessitura di beat metallici può far pensare a una m`bira, non fosse che alcune sottolineature più grevi fanno chiaramente intendere, con la profondità delle loro risonanze, la presenza di una cassa armonica. Balaena Mysticetus, chiaramente ispirata al canto polifonico di questi cetacei, riflette un delicato rincorrersi di risonanze, a memoria delle vibrazioni emesse durante un affascinante lamentazione di sirene (è evidente che i marinai non potevano resistere a un richiamo così ricco di promesse). Баба-Яга, citazione dai quadri Musorgskijani, riprende il discorso stregonesco attraverso la figura di Baba Yaga, corrispettivo slavo-russo di Percht ; stilisticamente si tratta di una danza dai caratteri ripetitivi che fa pensare sia ad autori classici dell`est europeo, penso a Bartók, sia ad estremisti della new thing quali Cecil Taylor e sia, infine, a campioni del minimalismo tipo Charlemagne Palestine. Con Teadin, dopo il precedente muro cementato a base di suoni brevi, si scivola su un ammaliante bordone tutto giocato sugli amonici. E` questa la parte più lunga e silente della suite, prima che il ciclo si concluda, con Zampamuatta, in una ripresa del salasso iniziale.
Nel disco, ad esclusione di un archetto in Teadin, non vengono utilizzate sovraincisioni o artifizi elettronici, e mi sembra che l`autrice tenga molto a sottolineare questo fatto.
Era dai tempi del “Solo” di Sophie Agnel e di “Chasms” di Anthony Pateras che un disco di piano preparato non arrivava a scuotermi come ha fatto questo “карлицы сюита”. Grandissimo.
Il disco è in vendita soltanto come vinile in edizione limitata a 300 copie numerate.
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