Il ritorno dei nostri anatomopatologi di fiducia. Non c'è “CSI” nè “Human Centipede” che regga il confronto: quando ascolti un disco dei
Carcass entri direttamente in un mondo a parte, così ben spiegato da titoli, copertine e
sound, come solo i migliori autori sanno fare.
Chirurgici: i riff e la precisione e velocità di esecuzione assomigliano a tagli di bisturi.
Brutali: la voce malata e scuoiata e certi passaggi di odore industrial rendono la ferocia e
la rabbia repressa del chirurgo all'opera.
Schizofrenici: repentini cambi di tempo e malatissimi accostamenti tonali sono
stranamente coerenti all'interno di ogni singolo brano.
Alchemici: i testi sono un compendio di medicina operata sotto l'influsso di riti chimici ed
esperimenti sadici con sostanze proibite.
Melodici: vi assicuro che alla fine un brano dei Carcass si può anche fischiettare
allegramente in ufficio ai colleghi più amati.
Era così nel primo album, è stato consolidato nei fondamentali “Necroticism” e
“Heartwork”, rimane così nel 2013, esattamente DICIOTTO anni dopo il contraddittorio
ultimo album in studio.
Il ritorno è un mix perfettamente riuscito tra i due capolavori sopracitati, con un drumming
leggermente più frenetico e contemporaneo (ma non si rimpiange troppo il buon Owen) e
qualche pregevole omaggio agli Iron Maiden (ma comprendo anche chi cita i Thin Lizzy).
Album potentissimo e consigliatissimo agli orfani Earache di vecchia data, con alcune
punte di diamante nei brani 2, 3, 5 e 7.
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