Wassilij Kropotkin (alias Francesco D`Elia) è un tipo eclettico. Diplomato in violino al conservatorio si diletta anche ad accompagnare saltuariamente alcune realtà toscane legate alla musica pop (Samuel Katarro. Piet Mondrian, Bad Apple Sons, Ka Mate Ka Ora, Legru, Lux Departure...), oltre ad animare propri progetti, come quello di cui mi sto occupando in questa rece, che rientrano di diritto nella recente ondata che cerca di riallacciare un discorso rimasto sospeso con quella che è la tradizione cantautorale italiana, tradizione cantautorale che venne spazzata via, nei gusti del pubblico più giovane, dall'avvento di una rampante ed aggressiva new wave. E Wassilij Kropotkin tenta la difficile impresa, con un certo successo per altro, di fondere influenze derivate da quei cantautori che più si avvicinavano ad un'estetica progressive (Sorrenti, Camisasca...) con altre derivate dal post-punk. Emblematico è, in tal senso, il primo titolo dove influenze riconosciute o non riconosciute (ma riconoscibili), quali il solito Syd Barrett dei primi Floyd, i Pere Ubu ed i Joy Division, vanno a confluire in una cantilena tipicamente wave, quasi come se Astronomy Domine venisse suonata dal gruppo di Peter Laughner, Allen Ravenstine e Tony Maimone, e cantata da Ian Curtis. E Atrocity Exhibition, da tempo presentata nei concerti del nostro, è davvero una riproposizione acustica di un brano sottratto al repertorio del gruppo mancuniano! L'alieno, il titolo dice tutto, è invece (o sembra) un breve a solo informale di sax. Il ventilatore elettrico e Bedford Av. sono due strumentali, il primo a carattere più sinfonico ed il secondo prossimo a certa concreta. Certainly, complice anche la lingua utilizzata, si inserisce senza dubbio nel filone della ballata anglofila. Sono gli altri quattro brani, di una spigolosità acuita quasi sempre dal cantato in italiano, a rimandare più propriamente a quelle influenze cantautorali-progressive citate dall'artista. E nelle splendide geometrie de La vita agra viene raggiunto il vertice dell'intero CD-R. Il musicista dimostra capacità e gusto nell'orchestrare gli strumenti utilizzati e nell'adattare le musiche ai testi (o viceversa). Caso mai viene meno a livello di progettualità da un punto di vista concettuale ed è difficile trovare una linea in grado di unificare i vari modelli espressivi proposti. Quindi dovrebbe concentrarsi di più intorno ad un'unica tematica e sviscerarla più a fondo. E, dal momento che i suoi riferimenti stanno in un `cantautorato` di stampo più `intellettuale` e `ricercato` (scusate i termini, ma si fa per capirsi...), credo che alle sue canzoni non farebbe male un tipo di produzione più accurata. Ma mi rendo conto che questo non dipende solo da lui.
Recentemente il D'Elia è poi entrato nell'organico degli Hazey Tapes, dei quali scrivo in modo informale dal momento che sono in possesso di un semplice CD-R demo senza nessuna informazione sulla formazione nè sui brani contenuti (dovrebbe comunque trattarsi di un gruppo con due chitarre e voce femminile). Si tratta di un ottimo gruppo sospeso fra garage-progressive e post-punk, con radici nella New York dei mid-seventies (Television, Voidoids, P. S. Group...) e con qualche concessione all`epica morriconiana (chi si ricorda dei vecchi cari Droogs). Se ho sempre creduto che ci fosse un unico filo a unire l'uomo alienato dei Pink Floyd, quello schizoide dei King Crimson e quello schizzato dei Killing Joke, mi sembra di trovarne in queste canzoni una buona conferma.
Il giudizio è quindi positivo per quanto riguarda entrambi i progetti, con la speranza che possano comunque trovare una sistemazione più adeguata al loro valore.
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