«“The City of Simulation / La Città della Simulazione” trae lo spunto da un illuminante volume di Giandomenico Amendola, “La città postmoderna - Magie e paure della metropoli contemporanea” (Laterza - Bari, 1997, IV ed. ampliata 2003) ed in particolare dal capitolo omonimo del progetto, nel quale Amendola evidenzia come la città contemporanea o post-moderna, appunto, si sia sviluppata (ovvero sia stata sviluppata, cioè progettata e plasmata dagli architetti/urbanisti d'oggi) in modo da indurre il suo abitante a vivere una vita cittadina non più propria e 'naturale' ma sostanzialmente dissimulata, come l'attore su di una scena teatrale: un abitante suggestionato al punto da divenire paradossalmente consapevole della maschera indossata, e dunque bisognoso di una scena sulla quale recitare la sua nuova e artificiosa vita quotidiana.»
Premetto che non conosco il testo di Amendola, visto l`argomento trattato ho l`impressione che lo troverei parecchio indigesto, e quindi non mi addentrerò nei rapporti fra quel saggio e le quattordici poesie audio-visuali delle quali mi occupo in questa recensione.
Premetto anche che questa è la prima volta che mi imbatto nel nome dello scrittore Luca Rota, e quindi almeno una parte di questo complesso lavoro (oltre alle premesse che l`hanno generato) mi trova impreparato.
Per approfondire la conoscenza dello scrittore vi invito comunque a visitare il suo sito cliccando nel link riportato sopra. Rispetto alle 14 immagini con le quali Rota contribuisce a quest`opera, si tratta di assemblaggi costituiti da parole, foto e/o disegni. Le parole a volte sono disposte in periodi piuttosto estesi, altre in brevi frasi e altre ancora in forma scempia. La disposizione e la struttura dei testi varia a seconda del tema trattato, andando così a impostare una strutturazione descrittiva più nell`aspetto grafico che nel significato letterale delle frasi. Faccio due esempi: in Divieto di scarico immondizie le parole iniziano ad un certo punto a perdere delle lettere, e queste lettere carambolano verso il fondo pagina dove è riprodotta una ruspa pronta ad accatastarle («...Terrazza dal panorama bellissimo / Altissimo campanile gotico / Caotico passeggio tra gremiti bar / Bazar che ric rda antichi traffici / Edifici di rinomati ar hitetti / Tetti di tego e rosse che s`alz no...», mentre in Muro di periferia il testo è scritto nell`immagine del muro con un carattere che ricorda le scritte dei graffitisti, e all`interno del testo vengono inseriti anche alcuni dei simboli da questi maggiormente utilizzati. I testi si solvono nelle immagini fino a convertirsi in immagine essi stessi. Le icone utilizzate sono state in prevalenza scaricate dalla rete, a ricordarci quanto multimedialità , interattività , cut up e riciclaggio siano ormai gioco comune. Non sono in grado di dare un giudizio, che vada al di là del mi piace / non mi piace, a questa parte dell`opera, ma riporto alcuni dei lavori in margine alla recensione (naturalmente in pixellaggio molto inferiore) affinchè possiate rendervi conto, seppure vagamente, di cosa si tratta.
La parte musicale è chiaramente quella di mia maggiore pertinenza, anche perchè conoscevo già qualche lavoro precedente di Milani (su Setola e Afe), e mi sento di affermare che il musicista lecchese ha realizzato un piccolo capolavoro sia per equilibrio sia per intensità . Paesaggistica sonora è la definizione che trovo più appropriata per queste musiche, ma si tratta di una paesaggistica più evocativa, perfino con un certo sarcasmo, che descrittiva. In Salutiamo con applausi e allegria, ad esempio, non si ascoltano nè bande paesane, nè fuochi d`artificio e nè festeggiamenti d`alcun tipo, ma una specie di coro che inizia celestiale e si trasforma poi distorcendosi e inacidendosi. In c-ostruzione, altresì, non presenta suoni di gru e carpenteria (o almeno non li presenta al loro stato puro), ma è fatta di ritmi, linee e punti, ripetitivi e minimali. Divieto di scarico immondizie si presenta in un abito da sera quasi jazzy. Talvolta, come in Passi, il mood sembra farsi maggiormente descrittivo, senza però mai allinearsi a quel concretismo da `cinema per le orecchie` tipicamente francese. Sembra di sentire echi dell'ambient (quello più urbano) di Brian Eno, delle avventure più giocattolose di John Cage, del dub sciancato di Mark Stewart, dei concretismi oscuri di Christoph Heemann, della minimal techno dei Pan Sonic e di Thomas Brinkmann. La formula scelta, un CD che contiene suoni in formato MP3 e immagini in formato JPEG, permette una dilatazione che mi ha fatto pensare ai passati esperimenti per creare una musica 'infinita' (la sola Skyline dura intorno ai 50 minuti).
Nonostante la messa in opera di più mood espressivi e di più metodi riproduttivi non userei comunque per “The City of Simulation” l`abusata definizione di opera multimediale, preferendogli di gran lunga quella di split plurimediale. Nella multimedialità , come finora s`è espressa, un singolo od un gruppo sviluppava un`opera unica nella cui realizzazione e nella cui fruizione entravano in ballo più forme espressive e mediatiche. Milani e Rota hanno lavorato disgiunti ed in autonomia alla creazione di due realizzazioni in grado di dare una risposta personale allo stesso tema, ma comunque dissimili per quanto riguarda la sensibilità dei loro autori e i percorsi creativi utilizzati. Qualcosa di nuovo? Mi sembra di sì. La strada verso la compilation plurimediale sembra ormai aperta.
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