Diavoli di giapponesi, quando pensi che siano ormai scomparsi eccoteli che pubblicano il loro disco più bello. E non è che quelli che l`hanno preceduto fossero ciofeche. Tutt`altro. Più che ad un salto di qualità siamo di fronte ad un salto organizzativo, dal momento che il quartetto è essenzialmente un ensemble d`improvvisazione, che comunque post-produce le registrazioni in studio, e quindi la pratica degli anni passati a suonare assieme (si sono formati all`inizio del decennio scorso) non può che aver portato ad un affinamento e ad una maggior disinvoltura del linguaggio comune. La fissità resta comunque intatta, ma forse è leggermente mutato il rapporto fra trattamenti digitali e sonorità analogiche, decisamente in favore di queste ultime, con in bella evidenza l`arpeggiare sulla chitarra acustica, le risonanze di quella elettrica e il suono di numerose percussioni. Questo bilanciamento è stato corretto dal perfettibile all`ottimale, ed è quindi molto improbabile che il gruppo possa andare oltre. Intatta è invece l`attenzione ai piccoli particolari, agli aspetti microscopici del suono, in continua variazione e rimestamento, e questo crea quella sensazione di fissità di cui s`è scritto sopra, dacchè il microcosmo (come d`altronde il macrocosmo) appaiono sempre immobili. Solo la dimensione che ci appartiene è dotata di movimento. Ispirata dal filosofo francese Henri-Louis Bergson (così sta scritto nel sito della 12k), la musica di “Durée” è più meditativa che evocativa. Ma questo ci riconduce anche a pratiche tipicamente giapponesi e, quindi, un cerchio sembra saldarsi.
Tanto per chiudere con due paragoni, molto personali, direi che questi Minamo suonano come se fossero dei ¾ con meno bollori o degli Osso Exotico con meno paturnie.
Se avete anche solo un`oncia di fiducia nel sottoscritto, cacciate 17 $ini e compratevi `sto disco. E prendetevi pure un bel gelato da 'Vigurone', ma prima il disco e il gelato soltanto nel caso vi avanzi qualche spicciolo....
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