Comincia benissimo questo “Tajga” dei nostrani Marigold, con una traccia tesa, potente, vagamente ossessiva, principalmente strumentale ma affiancata da una sorta di recitato bisbigliato. Una massa di suoni stratificati tra tastiere, batteria, chitarre e basso che ricorda piuttosto da vicino gli Swans epici di “White Light...” o perfino di “Soundtracks for the Blind”. Un qualcosa però risuona nella mia testa, complice forse l`inaspettato uso del francese (solo in questo brano) e la mole di suoni che si affastella nelle canzoni seguenti, un riferimento che all`inizio mi sfugge, sebbene sia più di una somiglianza, quasi una vera e propria impronta. Poi, di colpo, all`altezza di Swallow, terza traccia, più pesante e distorta delle precedenti, l`illuminazione è chiara. Ulan Bator. Allora riprendo in mano il CD (che sebbene presenti il classico jewel box ha della belle grafiche in bianco e nero) e vedo che il lavoro è prodotto da Amaury Cambuzat.
A quel punto mi sento anche un po` un cretino, dato che quando contattai il gruppo dopo una folgorazione online (trovai una traccia sul sito della validissima zine francese Fugues), lessi che era appunto il francese (ormai mezzo italiano) che li aveva prodotti. Purtroppo il suo tocco è davvero un po` pesante, e riascoltando la prova del solo Campitelli (che del gruppo è voce e chitarra) rimpiango un po` il minimalismo che aveva positivamente colpito me e presumibilmente i tipi di Fugues.
Il giudizio comunque non può fermarsi qui: il disco è davvero valido, ottimamente registrato, piuttosto vario, anche se spesso ancorato a schemi tipici del rock e del post-rock che - appunto - sono propri di gruppi pur validi come Ulan Bator ed affini. Emergono dunque brani più riflessivi come Eleven Years, col suo incedere wave sui tamburi, e l`ancora più `80 Sin, dagli accenti un po` dark pop, vicina a Dance Society e Clan of Ximox.
Un po` pomposa la chiusura, dai tratti sinfonici, ma è ancora la voce di Campitelli (con un timbro che rimanda ai Calla) a smorzare un po` degli eccessi.
Calla, Swans, Ulan Bator: giro Young God, tutti riferimenti di lusso, dai quali forse se pian piano sapranno un poco allontanarsi i Marigold potranno diventare grandi.
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