Ero incerto se scrivere o no questa recensione.
Non sono mai stato un grandissimo fan di Andrea Chimenti ma ho sempre guardato con rispetto e ammirazione al suo lavoro e soprattutto al suo percorso dedicato con umiltà a ritagliarsi uno spazio nel controverso mondo della canzone italiana, senza mai cercare a tutti i costi i grandi riflettori.
Il suo ultimo disco prima di questo, si chiamava “Vietato morire”, datato 2004, rappresentava e rappresenta tuttora una delle pietre miliari non solo della sua produzione ma della musica italiana almeno in questo decennio, in quel disco si respirava un'aria genuina e come dire, internazionale.
Normale che ci fosse una certa attesa rispetto al suo ritorno, e lecito attendersi grandi cose. Purtroppo, invece, mi sa che qualcosa è andato storto.
Chimenti ha sempre avuto un certo spirito visionario dal quale ha tratto forza e ispirazione, la prima parola che viene in mente a chi è chiamato a elencarne le virtù è sensibilità . Tutto questo, in “Tempesta di fiori”, curato nella produzione da Stefano Cerisoli e Guglielmo Ridolfo Gagliano, e registrato al Teatro Comunale di Castiglion Fiorentino, non solo perde tutta la sua carica emotiva, ma si muta in una sorta di contemplazione ingessata, senza vita. Già a partire dalla copertina, una specie di natura morta da salotto, la sensazione è che Chimenti, questa volta riesca a parlare solo a se stesso, specchiandosi nel proprio intimo, nei propri affetti, nel proprio appagamento. In due parole, purtroppo, non coinvolge.
Due tre canzoni si salvano, tutte nella prima parte, Era di notte, brano d'apertura, Feroce e inerme, e Sangue, brani che confermano un talento compositivo superiore alla media, canzoni che non lasciano mai capire se prevalga lo stupore, la malinconia, la rabbia, la tristezza, stati d'animo che Andrea Chimenti sa fondere nelle sue canzoni con un'abilità che davvero pochi possiedono. Ma non bastano questi episodi per tenere in piedi un disco francamente sotto tono. Nemmeno l'omaggio ad Alan Sorrenti mi sembra particolarmente riuscito, ancora non ne ho sentita nessuna interpretazione vagamente all'altezza dell'originale per intensità , e questa non fa eccezione.
In conclusione non mi sembra il disco più adatto per chi voglia avvicinarsi per la prima volta a questo Artista (la maiuscola non è una svista), il suo contributo alla musica italiana resta inossidabile, e in lui continuiamo a confidare.
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