Autore disco: |
Samuel Katarro |
Etichetta: |
Trovarobato / Angle / A Buzz Supreme (I) |
Link: |
www.myspace.com/samuelkatarro |
Email: |
|
Formato: |
CD |
Anno di Pubblicazione: |
2010 |
Titoli: |
1) Rustling 2) Pink Clouds Over The Semipapero (Includes First English Lesson) 3) Pop Skull 4) The First Years Of Bobby Bunny 5) 9V 6) Three Minutes In California 7) `s Hertogenbosch Blues Festival 8) I Am The Musonator 9) You`re An Animal! 10) Sudden Death (Includes Last English Lesson) |
Durata: |
44:23 |
Con: |
Alberto Mariotti (Samuel Katarro), Francesco D`Elia (Wassilij Kropotkin), Simone Vassallo, Mattia Boschi, Mario Frezzato, Enrico Pasini, Enrico Gabrielli, Michelle Davis, Simone Bardazzi, Alberto Danielli, Lorenzo Maffucci |
|
Musica da consumare (a colazione pranzo e cena, ma senza fretta) |
x e. g. (no ©) |
|
Avevo conosciuto Alberto Mariotti (ovvero Samuel Katarro, un alias che sinceramente non m`ha mai incantato) attraverso alcuni travolgenti concerti in completa solitudine. Una voce della madonna ed un`invidiabile tecnica sulla chitarra. La voce - con gli improvvisi scarti di volume, con i repentini cambi di tonalità e con gli azzardati passaggi dalla prassi al falsetto - mi ricordava in particolar modo quella di Tim Buckley, anche se le influenze ben distinguibili provenivano da altre zone, come dimostravano gli eccellenti rifacimenti dai repertori di Pere Ubu, Gun Club e Violent Femmes. Poi venne il primo disco, “Beach Party”, che deluse le mie aspettative pur non essendo malriuscito in assoluto. Malauguratamente, nel condivisibile tentativo di non riprodurre su supporto quelle che erano le performance concertistiche, veniva annullata tutta la forza selvaggia che scaturiva da quella voce senza compensare le lacune così createsi con nessuna soluzione particolarmente degna d`attenzione. Le aggiunte strumentali erano piuttosto routinarie e gli arrangiamenti puntavano alla regolarizzazione. Inoltre il musicista toscano sembrava mascherare le evidenti somiglianze con Buckley attraverso imitazioni, riuscite ma pur sempre imitazioni, di David Thomas e Jeffrey Lee Pierce.
Quando un musicista mi delude tendo a diventare sospettoso, tanto che spesso evito sia l`ascolto dei suoi dischi successivi sia le sue performance concertistiche. E` un mio grave difetto, un atteggiamento del cazzo che m`ha fatto perdere dei grandi dischi (comunque recuperabili nel tempo) e degli altrettanto grandi concerti (sfottuti per sempre). Ed è esattamente quanto mi stava succedendo con Samuel Katarro, inconsciamente rimosso dalla lista dei nomi da seguire con interesse, a tal punto che le notizie sull`uscita del suo secondo CD m`avevano attraversato come onde elettromagnetiche. Per fortuna ci ha pensato un amico (Alez della fromSCRATCH) a ricondurmi alla realtà , ed a rimettermi nella giusta carreggiata, parlandomene come di un gran disco e consigliandomene l`ascolto.
Ma adesso torniamo un attimo indietro, al brano più interessante di “Beach Party” che si intitolava This Garlic Cakee metteva in bella mostra l`accompagnamento al violino di Francesco D`Elia (alias Wassilij Kropotkin), un musicista di formazione accademica appassionato di new wave inglese e di progressive (anche di quello made in italy: Alan Sorrenti, Juri Camisasca, Area...). In seguito il D`Elia ha spesso accompagnato Alberto Mariotti nei concerti, finendo con il diventare elemento indispensabile nell`economia del progetto Katarro e colonna portante nella realizzazione del nuovo CD “The Halfduck Mystery”.
E “The Halfduck Mystery” è un mostro, un irresistibile `frankestine` fatto di brandelli scomposti, nato dalla sommatoria (non algebrica ma chimica) di tutto quello che c`è stato in precedenza nella vita di Katarro come intorno ad essa. Il disco presenta tutti quei piccoli accorgimenti, cazzatine come i cowntdown che introducono alcuni brani, in grado di renderlo tale, un`opera concepita per lo studio di registrazione e realizzata nello studio di registrazione come negli anni d`oro del disco (“The Who Sell Out” rappresenta il paragone più immediato), ma è la bizzarria delle canzoni, degli arrangiamenti e di un cantato che ormai si svincola quasi sempre dai vari modelli, congeniti e indotti, a fare tabula rasa di ogni dubbio lasciato dopo l`ascolto del disco precedente. Legami con quello ne restano certamente (come negli evidenti pereubismi di Pink Clouds Over The Semipapero e The First Years Of Bobby Bunny) ma vanno a diluirsi, e a interagire, con il resto, ad esempio con il respiro più stralunato e poppico delle anglofile 9V, Three Minutes In California e You`re An Animal! o con il suono allucinato e stravolto di `s Hertogenbosch Blues Festival e Sudden Death. “Halfduck” è un disco che pesca linfa nel passato per stare saldamente ancorato nel presente, e non fa mistero di ciò.
Qui si getta nuova luce su un Alberto Mariotti che già sapevamo avere una grande voce ed essere un ottimo chitarrista, ma che oggi si segnala anche come musicista maturo, seppure sempre visionario, spontaneo e istintivo, dagli orizzonti illimitati. Ma a questi caratteri, che speriamo non vadano a disperdersi, sembra fare da contraltare la preparazione più erudita e concreta di Francesco D`Elia. Un`accoppiata vincente.
|