Il dottor Tranato è un uomo sui cinquanta, con gli occhialini squadrati e la piazzetta sul cucuzzolo di una testa vagamente ancora riccia. Anni fa era il tipo di dottore che ti diceva sempre “non si preoccupi, prenda questo e questo poi mi faccia sapere come va”. Poi pare abbia preso troppo alla leggera la tosse di una paziente che è morta il mese dopo, e adesso ti manda dal cardiologo anche se hai un raffreddore. Alla fine è un buon uomo, fa anche una certa tenerezza.
Colin Newman assomiglia paurosamente al dottor Tranato. Come aspetto fisico intendo. Un cinquantenne qualsiasi, con un`espressione vagamente preoccupata dipinta sul volto, praticamente sempre. Solo che a differenza del dottore Colin Newman se ne sta su un palco con una (anzi tante, è da sempre un fan dell`accordatura aperta) chitarre in mano a schiacciare qualche centinaio di spettatori contro i muri di posti come il Bloom di Mezzago. Ma anche lui fa un po` di tenerezza, quantomeno all`inizio, quando pensi a quante ne ha viste dalla fine dei settanta ad oggi, prima di arrivare qui in Brianza a suonare di fronte a persone che per la più parte hanno pochi anni meno di lui (ma qualche giovine c`è). Dopo un po` però alla tenerezza si sostituisce un profondo rispetto, poi stima, poi un sentimento a cavallo tra l`invidia e il timore reverenziale. E lo stesso si può ovviamente dire degli altri due sodali, un Graham Lewis dall`aspetto forse più curato e bizzarro (indossa un cappellino nero à la Boyd Rice ma addolcito da un buffo pon pon rosso in cima) e un Robert Gotobed che in canottiera nera dalle retrovie mena sulla batteria come un metronomo.
Così, dopo un venti minuti di concerto smetto di storcere il naso di fronte ad una musica che, nelle sue ultime derive (dal ritorno di “Read & Burn” fino all`ultimo “Red Barked Tree”) su disco non mi ha mai convinto, per abbandonarmi ad un sentimento di stupore nei confronti di questi personaggi che hanno bene o male scritto la loro importante pagina nella storia della musica pop. Il concerto scorre molto energico, e fa piacere scoprire che i tre non hanno paura a pescare nel passato, rivisitando nella chiave più elettrico/distorta di oggi vecchi classici come Boiling Boy, momento migliore del concerto, o perfino brani dai primissimi dischi, tra cui una Two People in a Room invecchiata benissimo. Almeno quanto loro. Non stona nemmeno il giovane virgulto assoldato per ricoprire il ruolo del deficitario Bruce Gilbert (che vista l`età ancora più avanzata ha da tempo ormai lasciato il gruppo): si vede che si diverte di più con i pezzi veloci e di stampo più punk, e a tratti fa tenerezza pure lui per come sembra dipendere dagli altri tre.
Tra i momenti migliori del live anche i due pezzi in cui Lewis prende la scena e il microfono (in particolare Bad Worn Thing, per me il miglior brano dell`ultimo disco), da sempre a mio avviso voce meravigliosamente espressiva ma sotto-utilizzata se non nel capolavoro “154”.
Il pubblico chiede due bis e loro li concedono, scaldandosi su un finale di chitarre quasi noise molto in odore di quanto fa Justin Broadrick per scaricarsi alla fine dei suoi live, con l`inquietante differenza che Newman a concerto concluso alza le braccia impugnando un noto telefono di una nota azienza (che non citerò proprio per non fare pubblicità ) per sventolarlo davanti a un pubblico soddisfatto ma incredulo, con tanto di spot vero e proprio al microfono, in cui il poveretto bofonchia un imbarazzato “This is an [nome del telefono]”.
Anche il dottor Tranato ha quel telefono lì. Che lo tenga anche lui in studio per farne pubblicità ?
Cosa non si fa per campà .
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